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Joachim Staron – Fosse Ardeatine e Marzabotto. Storia e memoria di due stragi tedesche – 2007

Joachim Staron
Bologna, il Mulino, XVIII-545 pp., Euro 28,00 (ed. or. Paderborn, 2002)

Anno di pubblicazione: 2007

La memoria menzionata nel sottotitolo dell’edizione italiana non c’entra niente: nel libro infatti non vi è traccia di un’analisi storiografica della memoria delle due stragi, non sono utilizzate fonti orali e, correttamente, il sottotitolo dell’originale è Deutsche Kriegsverbrechen und Resistenza; Geschichte und nationale Mythenbildung in Deutschland und Italien. Il libro utilizza una documentazione archivistica varia (archivi giudiziari, diplomatici, etc.) e, soprattutto nel capitolo terzo, la stampa. Rispetto al titolo, risulta deludente nella ricostruzione storica dei due eventi dei quali si parla, sbrigativa e non priva di imprecisioni, che non arreca alcun apporto originale.Più interessante la parte dedicata alla ricezione delle condanne di criminali di guerra tedeschi nei due paesi, che occupa circa metà del volume. Tuttavia non ci si aspetti quell’analisi dei meccanismi di costruzione di mitologie nazionali che viene enunciata nel sottotitolo dell’edizione tedesca: i due miti, dei quali l’a. ci parla, sottolineando un presunto simmetrismo fra le due situazioni nazionali, sono quello della Resistenza per l’Italia, e quello di una Wehrmacht non toccata da comportamenti criminali e uscita dal conflitto sconfitta sì, ma con l’onore intatto. Questi due miti avrebbero consentito agli italiani di evitare di fare i conti con i crimini commessi dal proprio esercito fino al 1943, ed in ultima analisi con il consenso al regime fascista, e ai tedeschi di rimuovere il profondo coinvolgimento delle loro forze armate regolari nella guerra «nazista». Questi due miti sono dati per presupposti da Staron, che non li analizza né nel loro formarsi, né nell’incidenza che hanno avuto nell’evoluzione delle due società nazionali (per l’Italia, il riferimento principale è ad una tesi di dottorato inedita, di Carlo Campani, discussa a Francoforte sul Meno nel 1993): in realtà, come lo stesso a. ammette, «oggetto della presente ricerca sono esclusivamente le relazioni italo-tedesche» (p. 284), più che l’analisi dei caratteri delle religioni civili dei due paesi. Su questo terreno l’a. scrive pagine apprezzabili, mostrando i tentativi di chiudere definitivamente non tanto la stagione dei processi per crimini di guerra (di fatto già esauritasi alla fine degli anni ’40), quanto l’eredità, ingombrante per entrambi i governi, dell’unico criminale tedesco condannato all’ergastolo, il tedesco Kappler (oltre all’austriaco Reder).Quando Staron può unire all’analisi della stampa quella delle fonti diplomatiche dei due paesi ci restituisce un quadro interessante e notizie di prima mano sulle lunghe, e spesso inconcludenti, trattative per trovare una soluzione soddisfacente per entrambi i governi. Purtroppo, a partire dalle vicende degli anni ’60, questa fonte non è più disponibile, evidentemente per i limiti di legge posti alla consultazione della documentazione, ed il volume ripercorre le varie vicende che portarono alla fuga di Kappler, alla liberazione di Reder, e al processo a Priebke negli anni ’90, fondandosi soprattutto sulla stampa. La ricostruzione che ne esce è non priva di utilità per lo studioso, ma di tono più cronachistico che analitico, oltre che eccessivamente prolissa.

Paolo Pezzino