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La “Banda Collotti”. Storia di un corpo di repressione al confine orientale d’Italia

Claudia Cernigoi
Udine, Kappa Vu, 372 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2013

Il volume di Cernigoi prende in esame una vicenda drammatica della storia della Venezia Giulia, intorno alla quale la storiografia locale è più volte intervenuta, senza tuttavia giungere a una ricostruzione organica ed esauriente della stessa. L’Ispettorato speciale sorge nella primavera del 1942 sotto la guida di Giuseppe Gueli, uomo noto per la sua azione contro il «malandrinaggio» in Sicilia e ben inserito nell’architettura poliziesca fascista. Egli, che può vantare una carriera significativa, mette in atto a Trieste un’articolazione repressiva che si consolida nel tempo, e che si basa su personaggi votati alla violenza e su corpi speciali (ad esempio, «la banda Collotti», «la banda Mazzuccato»). L’Ispettorato si distingue, fin dalla sua fondazione, per una serie spaventosa di azioni criminose contro gli antifascisti e le formazioni della resistenza, soprattutto slovena e croata, che nella Venezia Giulia compaiono precocemente, subito dopo l’aggressione alla Jugoslavia.
Il punto cruciale sta – a mio parere – nel capire meglio come tale vicenda si inserisca all’interno del sistema repressivo fascista considerato nel suo complesso, adattandosi allo specifico modello totalitario che il regime fa proprio. Il volume di Cernigoi, costruito con grande passione civile e molta documentazione, trascura in parte questo passaggio che avrebbe aperto ben altre prospettive di ricerca. Lo studio sui carnefici, infatti, avrebbe dovuto metter mano ai meccanismi istituzionali che permisero quell’orrore per riflettere poi sulle carriere dei protagonisti e sulle mentalità che costruirono i loro modi di essere e di pensare.
Molto più convincente la parte che l’a. dedica alle vittime. Cernigoi si basa su testimonianze orali e testimonianze raccolte da fonti d’archivio nonché dalle carte dei processi celebrati nel dopoguerra dalla Corte straordinaria d’assise di Trieste, usando una metodologia che avrebbe tuttavia richiesto una maggiore precisione critica e filologica. Il volume indica le categorie delle vittime (antifascisti, ebrei, sloveni e croati), i luoghi di tortura, nonché l’elenco delle azioni di rastrellamento che l’Ispettorato porta a termine, spostando i suoi «nuclei mobili» anche al di fuori Trieste e collaborando strettamente, tra il 1943 e il 1945, con i nazisti, nell’ambito dell’Adriatische Küstenland.
Interessante è poi la parte che la ricerca dedica alla fase finale della guerra, nel momento in cui si affaccia prepotentemente, tra la gran parte della popolazione di nazionalità italiana, il timore che all’occupazione nazista si sostituisca quella jugoslava. Cernigoi descrive le fasi dello smantellamento del Cln giuliano nel febbraio 1945, già posto in una condizione di isolamento e di pericolo, a causa dei difficili rapporti con la resistenza slovena; si sofferma sulle dolorose conseguenze di tali eventi, sugli ambigui personaggi del collaborazionismo locale che si preparavano una via di fuga nella prospettiva della sconfitta del nazifascismo. La folta documentazione non sempre riesce, tuttavia, a sorreggere un giudizio storico equilibrato.

Anna Maria Vinci