Cerca

La democrazia dei partiti. Il Pci in Basilicata dal Fascismo alla Repubblica (1943-1946)

Michele Fasanella
Prefazione di Piero Di Siena, Rionero in Vulture, Calice editori, 276 pp., € 15,00

Anno di pubblicazione: 2016

Interessato a ricostruire la formazione del gruppo dirigente comunista e le sue iniziative politiche tra il 1943 e il 1948, l’a. sostiene che il Pci sia stato protagonista del patto costituente che pose le radici democratiche del paese. Il volume, fondato su una ricerca d’archivio, riprende l’approccio storiografico tradizionale della storia dei partiti e si concentra sulla formazione del gruppo dirigente, con ricchezza di notazioni sui leader lucani che si distinsero nella politica nazionale. La prospettiva locale fa emergere il contributo del Sud contadino alla nascita della Repubblica, al di là degli schieramenti in campo, mostrando, al contempo, la non passività del Mezzogiorno e anzi la partecipazione al processo di cambiamento.
L’a. esamina la generazione che si forma durante il fascismo – i «passaggi», come scritto di recente da Mariuccia Salvati (Passaggi, Roma, Carocci, 2016) – indagando il «passaggio» degli intellettuali locali dal fascismo alla Repubblica.
Più in generale l’a. racconta di un universo composito dove la piccola borghesia sceglie di stare dalla parte del mondo rurale e dove si supera, sia pure per poco tempo, la divisione sociale tra «luigini» e «contadini» descritta da Carlo Levi. La nascita del comunismo locale coincise con la scelta togliattiana di entrare nel governo del Regno del Sud. Il Pci accrebbe il consenso tra i contadini con la politica agraria di Fausto Gullo, ministro dell’Agricoltura, che avviò un programma di rottura del sistema del latifondo e di cambiamento strutturale del Mezzogiorno rurale, proseguito con la legge di riforma agraria del 1950. Segno tangibile del contributo dei contadini al cambiamento istituzionale (con la sconfitta della monarchia) e alla democrazia fu, in queste aree, la vittoria elettorale del 1946 del Pci lucano.
L’a. elude la questione ideologica dello stalinismo – tema che oltrepassa l’obiettivo di ricerca – e non prende in esame il dibattito storiografico sulle contraddizioni del partito nuovo togliattiano, ovvero il problema del condizionamento di Mosca, scegliendo di porre l’accento sugli anni di nascita della Repubblica, dominati dalla collaborazione con le forze democratiche. Ma le contraddizioni della cultura comunista andarono oltre.
Nel 1949-1950, infatti, la protesta contadina organizzata dai comunisti permise il varo della legge di riforma fondiaria e la politica meridionalista del governo De Gasperi, ma, in Parlamento, il Pci non appoggiò la riforma, in ragione dell’adesione del governo italiano al blocco occidentale. Se da un lato la strategia togliattiana fu capace di includere i contadini nel programma del partito nuovo, dall’altro l’alleanza con Mosca condizionò l’azione nelle campagne. La guerra fredda e la scelta dei comunisti di opporsi alla politica del Piano Marshall separarono «dall’alto» ciò che il movimento contadino aveva unito «dal basso». La politica agraria del Pci si modificò dopo la metà degli anni ’50 ma le conseguenze di questa scelta si protrassero fino agli anni ’90.

Simone Misiani