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La febbre cattiva. Storia di una epidemia e del suo passaggio per Mantova

Raffaele Ghirardi
Milano, Bruno Mondadori, XI-203 pp., ill., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2013

Prendendo a prestito da Umberto Eco l’opposizione tra «apocalittici» e «integrati», si potrebbero utilmente distinguere in queste due categorie anche gli autori dei libri di storia. L’a., che ha ricostruito le vicende della «spagnola», la pandemia virale che, scoppiata sul finire della Grande guerra, incrementò i tassi di mortalità della popolazione mondiale, dimostra di schierarsi a viso aperto dalla parte degli storici «non integrati». Di professione medico di corsia, Ghirardi ha saputo addentrarsi con passo sicuro in un campo di ricerca non semplice e poco o nulla frequentato dagli storici di mestiere. C’è voluto dunque l’impegno di un autore outsider per approfondire finalmente, avvalendosi di un approccio interdisciplinare che contempera con rara efficacia la scala globale con quella locale, una tematica rimasta, sino a oggi, pressoché ignorata dai ricercatori «integrati» nel sistema del mercato culturale, oltre che, durante il contagio, deliberatamente occultata e sottoposta a censure ufficiali per espresso volere di autorità civili e militari. Rompendo un tabù durato per un secolo, l’opera illustra il diffondersi dell’epidemia che nel triennio 1918-1920 provocò in tutto il mondo almeno 50 milioni di morti; passa in rassegna i pareri scientifici e i provvedimenti sanitari formulati all’epoca da biologi e medici; ci aggiorna sulle ultime scoperte riguardo all’agente biologico che fu causa di questa pandemia (identificato, solo da circa un decennio, nel virus di ceppo H1N1); situa la «spagnola» nel più ampio contesto delle pestilenze che, sin dai tempi più antichi, hanno afflitto l’umanità. Segue infine le reazioni e le rimozioni nei confronti dell’epidemia, decise in Italia dalle autorità statali e municipali, segnalando il silenzio sull’argomento imposto alla stampa locale e nazionale, e rendendo conto di alcuni impressionanti documenti relativi all’impatto di questo morbo sull’intero corpo sociale, che aggrediva le persone ritenute di più robusta costituzione e decimò soprattutto gli adulti in età feconda. La concomitanza dello scoppio del contagio in Europa con l’ultimo anno di guerra non fu affatto casuale. L’a. ricorda in proposito alcuni studi, compiuti da epidemiologi statunitensi, secondo i quali la prima ondata di «spagnola» si sarebbe verificata nel vecchio continente all’indomani dell’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America. Un’epidemia di virus di origine aviaria (in seguito riconosciuto di ceppo H1N1) aveva colpito gli Usa durante la mobilitazione in patria delle truppe statunitensi, con epicentro ad Haskell nel Kansas, mietendo vittime umane nei campi militari ove venivano ammassate le reclute in partenza per l’Europa. Una volta innescato il contagio anche al di qua dell’Atlantico, gli ospedali militari sparsi nelle retrovie dei vari fronti europei funsero poi da ulteriori centri d’incubazione del letale virus.

Giancorrado Barozzi