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La garçonne e l’assassino. Storia di Louise e di Paul, disertore travestito, nella Parigi degli anni folli

Fabrice Virgili, Danièle Voldman
Postfazione di Teresa Bertilotti, Roma, Viella, 142 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2016

Arriva in Italia, di nuovo, il romanzo di Paul Grappe. La prima occasione in cui il
pubblico nostrano familiarizzò con le rocambolesche vicissitudini di questo operaio della
provincia francese cresciuto a Parigi, fu alla metà degli anni ’20. Riprendendo la notizia
dalla Francia, i quotidiani italiani raccontarono di questo audace personaggio che dopo
aver disertato durante la Grande guerra si era finto donna per dieci anni, beneficiando
della complicità della moglie, Louise. Una notizia di colore come se ne trovavano molte
altre in quei primi decenni del ’900 nei quotidiani, impegnati a intercettare i gusti e la
curiosità di un pubblico e di un mercato sempre più ampio, ma anche meno acculturato.
Se non fosse che, a distanza di quasi un secolo e grazie a una ricca documentazione
consultata da Virgili e Voldman negli archivi della Prefettura di Parigi e nel Centre des
archives contemporaines di Fontainebleau, il volume La garçonne e l’assassino restituisce
complessità e profondità storica a una vicenda, di cui lo «svelamento» del travestimento,
in occasione dell’amnistia, fu solo uno dei punti più alti.
Gli aa. seguono minuziosamente le biografie della coppia, le origini familiari, l’infanzia,
l’incontro, il matrimonio, le prime esperienze lavorative, la partenza di lui per il
fronte, la diserzione, l’assunzione dell’identità di Suzanne, la nuova vita di coppia sotto
il segno di una convivenza femminile come tante pure se ne vedevano durante gli «anni
folli». E vanno oltre: ricostruiscono come la vita da travestito di Paul non sia stata affatto
una parentesi vissuta in sordina, ma piuttosto la progressiva immersione in una nuova
dimensione della propria soggettività e sessualità, fatta di nuovi spazi sociali, abitati da
uomini e donne dediti a incontri sessuali promiscui e polimorfi, di cura minuziosa nella
creazione del proprio personaggio, testimoniata, nel caso di Paul come di molti altri travestiti
dell’epoca, dall’attaccamento morboso per l’album fotografico in cui cristallizzava
e con cui faceva circolare la propria immagine femminile.
Riacquistata un’identità maschile, suggellata anche dalla nascita di un figlio della
coppia, Paul affonda nel suo rinnovato ruolo di maschio/marito/padre, mettendo in scena
il classico repertorio della mascolinità popolare fatto di tirannia domestica, abuso alcolico,
violenze, sregolatezza sessuale. L’epilogo, una notte del luglio 1928, lo decise Louise,
uccidendo il marito a colpi di rivoltella, forse durante un’ennesima lite, forse nel sonno.
A questa accurata ricostruzione di fatti, la Postfazione di Bertilotti offre ulteriori
strumenti di lettura, immergendo il caso nel clima del ventennio fascista e mostrando
come nella ricezione che esso ebbe in Italia non fu affatto irrilevante la tensione tra esigenze
editoriali e imperativi moralizzatori, tra l’interesse a solleticare il pubblico e quello
a offuscare modelli di genere e ambienti «moderni» che proprio in quegli anni iniziavano
ad acquisire visibilità.

 Laura Schettini