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La guerra del Pacifico

Douglas Ford
Bologna, il Mulino, 383 pp., € 28,00 (ed. or. London-New York, Continuum, 2012, traduzione di Francesco Francis)

Anno di pubblicazione: 2017

Uscito in Gran Bretagna nel 2012, il volume di Ford, esperto di storia dell’intelligence, si snoda con una prospettiva mista cronologico-tematica su quello che fu il più vasto teatro della seconda guerra mondiale.
La prima parte descrive l’ascesa del Giappone come potenza aspirante all’egemonia in Asia orientale. Il sogno geopolitico nipponico, mosso da una visione etnocentrico-razzista, ne condizionò la politica estera, portando all’invasione della Cina e alla rottura con gli anglo-americani. I leader giapponesi si convinsero della necessità di affrontare gli Stati Uniti e l’Impero britannico per assicurare il futuro economico del paese, nonostante una valutazione razionale lasciasse pochi dubbi sull’esito del confronto. La sottovalutazione della determinazione giapponese, dovuta anche all’attitudine razzista degli occidentali, creò i presupposti per i trionfi nipponici nella prima fase. Nonostante gli straordinari successi conseguiti, nella seconda metà del 1942 la marea giapponesefu però contenuta con una serie di decisive vittorie alleate.
Ford, a questo punto, lascia la prospettiva cronologica per analizzare le cause della vittoria degli occidentali attraverso sette capitoli tematici: strategia e operazioni; tattiche e tecnologie; morale e motivazione delle truppe; intelligence; economia di guerra; funzionamento delle coalizioni; fronti interni. L’a. intende dimostrare come l’elemento decisivo della vittoria alleata non fu solo la schiacciante superiorità economica e tecnologica, ma anche la loro maggiore capacità di adattamento. I leader giapponesi, a causa dell’ubriacatura causata dalle prime vittorie e della natura policratica del loro sistema politico-militare, ritennero di avere forze armate invincibili, fatto che impedì l’adattamento strategico-tattico necessario per fronteggiare la seconda fase della guerra e un’adeguata mobilitazione delle risorse economiche del paese. Come in Europa, il razzismo fu parte integrante del modo con cui le parti affrontarono la guerra, condizionandone pesantemente le scelte, anche in combattimento. Mentre il fatto che il Tripartito fosse una coalizione solo sulla carta (un’interpretazione che oggi potrebbe essere rivista alla luce di recenti ricerche) costituì un ulteriore svantaggio per Tokyo.
L’ultima parte riprende la prospettiva cronologica, analizzando la fase finale della guerra, dall’autunno del 1944 allo sgancio delle bombe atomiche. Il processo di evoluzione dei contendenti analizzato nella parte tematica permette a Ford di spiegare le schiaccianti vittorie degli occidentali in questo periodo, ma anche come i giapponesi risposero con un crescente fanatismo che moltiplicò le perdite americane, spingendo all’uso della bomba atomica come strumento per una rapida risoluzione di un conflitto sempre più sanguinoso.
Nel complesso il volume si presenta come un’ottima sintesi di ricerche che hanno avuto ampio sviluppo all’estero e un’utile aggiunta nel panorama editoriale italiano, dove le pubblicazioni su questo teatro della seconda guerra mondiale si caratterizzano per la loro vecchiaia o per la mancanza di lavori scientifici.

Fabio De Ninno