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La guerra di Dio. Religione e nazionalismo nella Grande Guerra

Nicolao Merker
Roma, Carocci, 231 pp., € 17,00

Anno di pubblicazione: 2015

Il volume, opera di uno storico della filosofia, analizza il rapporto tra religione e
nazionalismo nella prima guerra mondiale attraverso un’ampia bibliografia e con un’impostazione
comparatista, concentrando l’attenzione su cattolici, protestanti e ortodossi e
alcune puntate su ebrei e musulmani. Il lavoro si avvale soprattutto di lettere pastorali e
di pubbliche prese di posizione del clero, ma anche di diari e lettere private, analizzando
inoltre le teorizzazioni della teologia militare con le sue immagini di un Dio «grande
condottiero» (pp. 27, 47-62) e l’assimilazione tra il sacrificio del soldato e il sacrificio
di Cristo (pp. 59-60). L’a. si sofferma spesso a sottolineare con velata ironia (pp. 32, 33,
54, 88, 91, 110) le evidenti antinomie di una teologia nazionalista che cerca di arruolare
Dio sotto le bandiere dei rispettivi eserciti per giungere alla conclusione di un generale
fallimento delle religioni (ad es. pp. 51, 54, 80, 88, 96, 112, 145, 168).
Questa impostazione non aiuta a capire (Bloch docet) le profonde dinamiche sottese
a un fenomeno di così vasta portata, ancora oggi di attualità, risolvendosi in giudizi che
poco aggiungono alla conoscenza storica in una vicenda, in cui tra religione e nazionalismo
si instaurano rapporti ambivalenti. Di ben diverso spessore sono gli studi di Daniele
Menozzi, Renato Moro e Andrea Riccardi, che però non sono citati.
L’a. menziona il tema dell’adesione dei cattolici ai valori nazionali (pp. 43, 45, 115,
142), senza soffermarsi adeguatamente. Il caso del cattolicesimo è emblematico per le
due istanze presenti al suo interno: quella universale, rappresentata dal papato, e quella
particolaristica, espressa dalle Chiese nazionali. Tra la fine dell’800 e i primi del ’900
il cattolicesimo si trova impegnato nella riconquista di un suo spazio nell’Europa delle
nazioni: questo porta alla nazionalizzazione dei cattolicesimi europei, di cui tappa fondamentale
è la prima guerra mondiale, come prova, suggellata nel sangue, di adesione ai
valori patriottici. Così avviene, pur in contesti diversi, in Italia Francia, Germania, Gran
Bretagna e Stati Uniti: i cattolici devono provare la propria adesione alla causa nazionale
e gettarsi in una comunanza di destino con la patria, senza abbandonare, in alcuni casi, le
aspirazioni a una posizione egemonica.
Ma la guerra mondiale è un terreno minato per l’«internazionale» cattolica, tanto
che il papa elabora una politica della neutralità con proposte di mediazione, che spesso
scontenta i cattolici schierati sui due fronti. Il dilemma coinvolge lo stesso sentimento
religioso: pregare per la pace o per la vittoria? La nazionalizzazione si configura come una
conciliazione con la modernità, che mette però in crisi l’universalità del cattolicesimo:
prezzo da pagare per le aspirazioni di confessionalizzazione della nazione. Una correzione
di tiro verrà operata da Pio XI con la condanna dell’Action Française, per il connubio
tra fede e nazionalismo, e la critica al «nazionalismo esagerato» che si intreccia ai giudizi
papali sul razzismo fascista nel 1938.

 Gabriele Rigano