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La lotta di classe. Una storia politica e filosofica

Domenico Losurdo
Roma-Bari, Laterza, 379 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2013

Questo ultimo libro di Losurdo può configurarsi come un’ulteriore tessera di quel vasto e policromo mosaico cui l’autore sta attendendo da quasi 20 anni. Losurdo, infatti, ha dedicato numerosi libri all’opera di «svelamento» delle costruzioni ideologiche dominanti; costruzioni ideologiche che sono ormai prevalenti nel discorso pubblico ed interessano, e non sempre marginalmente, anche il campo degli «studi seri», per dirla con Delio Cantimori. Losurdo è studioso di filosofia e nello stesso tempo attentissimo ai percorsi storici in cui si articola la dimensione teorica. Tutti i libri cui ho fatto riferimento sono costruiti tramite lineamenti strettamente interconnessi in sistemi di relazioni tra teoria, storia delle idee, storia tout court. Così il volume oggetto di questa nota.
Dimostrare il carattere del tutto ideologico della ricorrente proposizione sulla «fine» della lotta di classe è compito, tutto sommato, assai facile. Esiste ormai una vastissima letteratura di riferimento a carattere economico, sociologico, antropologico in cui dati quantitativi, logiche di percorso, meccanismi di mascheramento della lotta di classe dall’alto sono oggetto di analisi con esiti difficilmente controvertibili. Il libro di Losurdo intende ulteriormente approfondire ed ampliare tale panorama analitico mediante un’indagine tanto tra i paradigmi interpretativi della lotta di classe che tra la molteplicità delle sue forme storiche.
I punti di partenza sono il rifiuto dei paradigmi naturalistici e del paradigma legato alla logica binaria della lotta di classe. La lettura binaria è quella per cui il conflitto sociale viene letto alla luce di una sola contraddizione. Si tratta di una lettura che non permette di cogliere gli elementi del conflitto sociale che non si presentano immediatamente come tali. «A caratterizzare una situazione storica determinata – afferma Losurdo – è sempre una molteplicità variegata di conflitti, a sua volta ogni conflitto vede la presenza di una molteplicità di soggetti sociali, i quali esprimono interessi e idee diversi e contrastanti. Per orientarsi in questa sorta di labirinto è necessario indagare non solo la configurazione interna di ciascuno di questi conflitti ma anche in che modo essi si articolano e si strutturano in una totalità concreta» (p. 128).
Ecco, il libro è appunto un viaggio puntiglioso all’interno di una «totalità concreta» storicamente determinata. E in tale totalità concreta la logica binaria si configura come un aspetto anche se importante, di un universo in cui lotte per il riconoscimento, conflitti legati alla questione nazionale, conflitti legati alle varie forme di colonialismo, diventano elementi costituenti di una possibile teoria generale del conflitto sociale. Un libro ambizioso, con alcuni aspetti discutibili, come, ad esempio gli accostamenti tra Nep e forme dell’attuale grande passo indietro cinese. Discutibili nel senso che vale la pena discutere, come succede in tutte le proposizioni che sollecitano il pensiero dubitativo.

Paolo Favilli