Cerca

La mafia dei giardini. Storia delle cosche della Piana dei Colli

Vittorio Coco
Roma-Bari, Laterza, XV-180 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2013

Il libro ricostruisce la storia delle «sette e associazioni» attive sin dall’800 nella porzione settentrionale dell’agro palermitano, la cosiddetta Piana dei Colli. Una mafia ricca, legata ai «giardini» di agrumi, al controllo dell’acqua e al commercio, ma anche agli affari e agli appalti alimentati nei decenni dallo sviluppo urbanistico di Palermo lungo l’asse sud-nord, che attraversa borghi come Passo di Rigano, Resuttana Colli, Tommaso Natale.
Sulla base di una solida ricerca d’archivio, Coco ci restituisce la parabola di lungo periodo delle «dinastie mafiose» (gruppi familiari allargati, descritti nelle genealogie riportate in appendice, che riflettono anche precise strategie matrimoniali) di queste zone che stringono legami con l’élite cittadina, assolvono funzioni politiche (per esempio la gestione dell’ordine pubblico) e imprenditoriali, mettono a disposizione pacchetti di voti, si interfacciano con gli altri gruppi mafiosi della città. Una storia di modernità criminale, insomma, lunga ormai un secolo e mezzo, che l’a. legge attraverso le carte dell’antimafia statale (inchieste, relazioni, istruttorie, materiali processuali, fonti padroneggiate con grande abilità e capacità critica) e poi delle commissioni parlamentari antimafia e delle indagini più recenti, visto che il libro si chiude con alcune pagine dedicate a Salvatore Lo Piccolo, mafioso della «piana dei Colli» che assieme a Provenzano ha gestito dentro Cosa Nostra (sino al suo arresto nel 2007) la fase successiva alla cattura dei corleonesi.
Nonostante l’accelerazione narrativa nella parte relativa al secondo dopoguerra, che si concentra sulle dinamiche interne a Cosa Nostra – mostrando l’alternanza di protagonismo e subalternità tra le cosche della Piana dei Colli e i vertici palermitani prima e corleonesi poi – e sacrifica quelle più ampie relative ai nessi tra mafia, società siciliana e antimafia, il libro ha molti meriti. Puntuale il racconto dell’azione di Ermanno Sangiorgi, protagonista di indagini e rapporti sulle cosche palermitane di fine ’800, ma qui seguito sin dagli anni ’70, quando è un giovane e sagace funzionario di Pubblica sicurezza che lotta contro le cosche e le pressioni della politica. Utilissima la descrizione della guerra di mafia che lacera la Piana dei Colli nei primi anni ’20, generata da una contrapposizione tra ceppi familiari ma anche dalla tensione tra la dimensione criminale legata al controllo del territorio (il c.d. power syndicate) e quella legata agli affari (enterprise syndicate), che vede in gioco anche i leader criminali del resto della città. Fondamentale infine il disvelamento della seconda campagna antimafia del fascismo, negli anni ’30, che da un lato mostra – in un contesto, la dittatura, in cui salta l’interscambio con la politica – come la violenza sia il terreno sul quale si decide e si esercita la leadership mafiosa, e dall’altro segnala l’esistenza di un nutrito numero di collaboratori di giustizia, che confermano nei loro racconti la presenza di una dimensione organizzativa e formale della mafia e l’importanza dei rituali di affiliazione, e si autodefiniscono per la prima volta «pentiti».

Gianluca Fulvetti