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La patria ci vuole eroi. Matematici e vita politica nell’Italia del Risorgimento

Umberto Bottazzini, Pietro Nastasi
Milano, Zanichelli, 432 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2013

Il titolo del volume, scritto da due importanti storici della matematica, è evocativo ma anche fuorviante, soprattutto per quanto riguarda l’arco cronologico coperto. Gli aa. non si limitano infatti a ricostruire il ruolo dei matematici negli anni del Risorgimento, ma incentrano buona parte del loro lavoro sull’Italia postunitaria, arrivando di fatto fino alla vigilia della prima guerra mondiale. L’enfasi del titolo trova invece giustificazione nel modo in cui è strutturata la prima parte del volume, nel quale gli aa. offrono un contributo a una consolidata tradizione di studi dedicati alla partecipazione di soggetti sociali e culturali al Risorgimento patrio. Il prevalere di questa dimensione politico-patriottica, che si manifesta anche nel titolo di alcuni capitoli (La febbre della rivoluzione, I dieci anni terribili 1849-1859) finisce però per non dare adeguato spazio a quella contestualizzazione della conoscenza matematica che ha caratterizzato negli ultimi decenni la storiografia sul tema (per l’Italia dell’800 si vedano ad esempio gli studi di Massimo Mazzotti). In ogni caso, sia pur all’interno di un narrazione che si muove sui canonici assi cronologici e tematici della storiografia risorgimentista, gli aa. fanno emergere i caratteri di una disciplina che cerca di definirsi come parte costitutiva della comunità nazionale (ad es. attraverso i Congressi degli scienziati), e che – per fare ciò – si allontana dalla apologetica religiosa per inserirsi invece all’interno del dibattito scientifico internazionale (decisivi in questo senso sono nel 1858 la creazione degli «Annali di Matematica» e il viaggio di alcuni matematici in Germania e Francia). La nuova generazione di matematici, presente in molti eventi risorgimentali e protagonista di questi cambiamenti nella disciplina, assume all’indomani dell’unificazione un ruolo importante nell’impianto e nello sviluppo dell’istruzione pubblica, soprattutto universitaria. In questo senso figura chiave è quella di Francesco Brioschi: mazziniano nel 1848, negli anni ’50 professore a Pavia, Brioschi ha un ruolo di assoluto rilievo nella politica universitaria (come segretario generale del Ministero e poi per quasi trenta anni componente del Consiglio Superiore della Pubblica Amministrazione) e nell’organizzazione del sapere scientifico in Italia (tra l’altro promuove la formazione dell’Istituto Tecnico Superiore di Milano). Accanto a lui vengono delineate le figure di altri matematici (Cremona, Casorati, Betti, Beltrami) che assumono incarichi di rilievo nel governo degli istituti superiori e si battono per lo sviluppo di un’adeguata istruzione superiore tecnica tra anni ’70 e ’90. In questa ricostruzione, il libro finisce per essere un valido – sia pur non originale – contributo alla storia dell’istruzione superiore (soprattutto tecnica) nell’Italia liberale, di cui mostra anche gli agganci con lo sviluppo tecnologico e scientifico.

Enrico Francia