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La politica dei colori. Emozioni e passioni nella storia d’Italia dal Risorgimento al ventennio fascista

Maurizio Ridolfi
Milano, Le Monnier, 323 pp., € 26,00

Anno di pubblicazione: 2014

La grande bandiera francese che occupava una parte notevole del quadro che Delacroix
dedicò alla rivolta del 1830 (La libertà che guida il popolo) era senz’altro la coprotagonista
di una rappresentazione di un particolare momento storico, insieme alla giovane
donna che l’agitava e alle masse tratteggiate in tre mesi di lavoro. Quel tricolore faceva il
suo ritorno nelle piazze francesi quindici anni dopo l’esperienza napoleonica con un grande
impatto simbolico e politico. Non solamente le bandiere nazionali segnano il legame
tra valori e scelta cromatica, ma singole culture politiche si riconoscono attraverso i colori
e una volta che questi hanno attecchito, non c’è obiezione, non c’è rilevabile arbitrio nella
scelta. La scelta cromatica condensa valori e ideali, conferisce un tale senso di identità da
separare da altre culture simboleggiate da diverse tinte.
Il libro di Maurizio Ridolfi, autore tra i primi che abbia ragionato in Italia sui simboli
della politica connettendoli non solamente alle culture di riferimento, ma anche ai
rituali e alla costruzione di memorie private e collettive, propone una lettura complessa
che prende le mosse dal periodo francese in Italia, quando si cominciarono a elaborare
simboli destinati a rappresentare progetti. L’a. si affida a un ampio ventaglio di letture,
non solamente storiche, scovando una serie di fonti diverse tra loro; esamina sì i colori,
ma inserendoli nel contesto politico e iconografico, cogliendone la capacità di diffusione,
di comunicazione, di presa sulla parte che si intende coinvolgere in un progetto politico.
Dopo le tribolazioni sulla scelta che portò lo stemma savoiardo nel tricolore, Ridolfi
conduce il lettore verso gli avversari della stabilità monarchica, i «rossi» e i «neri», nemici
dello Stato e indicati anche dalle autorità con i colori di riferimento. Uno degli aspetti
più interessanti che l’a. segue con attenzione è la nascita e la diffusione della pubblicità,
capace di influenzare anche la propaganda politica. Una «coltivazione» di piante e fiori si
unì alla scelta dei colori. «Rosso un fiore in petto c’è fiorito», recita l’Internazionale, così
come in occasione della festa del lavoro si adottò come simbolo il garofano rosso, ricevendo
come risposta il «bianco fiore» del canto omonimo, composto nel 1907 da don Dario
Flori, che sarebbe stato l’inno dei popolari di Sturzo e della Dc di De Gasperi.
Nel nuovo secolo diveniva impossibile rinunciare all’identificazione con un colore
e così l’azzurro, già di pertinenza monarchica, divenne il colore dei nazionalisti, contrapposto
sempre più al verde della Massoneria. Particolarmente significativa appare la
comparazione relativa alla scelta delle bandiere nazionali nei regimi autoritari e totalitari
affermatisi tra le due guerre, mentre in Italia l’adozione del nero, tratto dall’arditismo,
avrebbe invaso la nazione nei suoi riti politici. Una storia davvero ben scritta, che racconta
come progetti, passioni e senso di appartenenza possano essere stati sintetizzati in una
scelta in cui uomini e donne si sono riconosciuti.

Marco De Nicolò