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La prima guerra mondiale. Dodici punti di svolta

Ian F. W. Beckett
Torino, Einaudi, 273 pp., € 30,00 (ed. or. New Haven-London, 2012, trad. di Chiara Veltri)

Anno di pubblicazione: 2013

La formula, attorno alla quale è costruito questo volume, è senz’altro originale e di
un certo interesse. In dodici capitoli, infatti, l’a. affronta in maniera ampia e approfondita
altrettanti episodi, o aspetti, della prima guerra mondiale, che a suo giudizio ne costituirono
i «punti di svolta» fondamentali, nel senso che da essi derivarono principalmente
gli sviluppi, gli esiti e le conseguenze del conflitto. Si va dallo scenario bellico in Belgio,
nell’autunno del 1914, all’ingresso in guerra dell’Impero ottomano, nel medesimo periodo;
dal ruolo delle truppe australiane e neozelandesi nella battaglia di Gallipoli (aprile
1915) al problema degli approvvigionamenti militari in Gran Bretagna e al ruolo in questo
senso di David Lloyd George; dalla produzione del filmato The Battle of the Somme
(proiettato per la prima volta il 21 agosto 1916) alla morte dell’imperatore Francesco
Giuseppe; dalla guerra sottomarina «indiscriminata», decisa dall’esercito tedesco agli inizi
del ’17, alla prima Rivoluzione russa e all’abdicazione dello zar Nicola II; dai raid aerei
condotti con i dirigibili agli effetti della Dichiarazione Balfour del novembre 1917; dai
Quattordici punti di Wilson al fallimento dell’ultima offensiva tedesca nella primavera
del 1918. Nel complesso ne risulta un’opera ricca di informazioni e di argomentazioni
acute, che indubbiamente riflette gli interessi e le competenze prevalenti dell’a. (Beckett,
docente all’Università del Kent, è fondamentalmente uno storico militare), e che in alcune
parti risente forse di un’ottica eccessivamente «British», ma che al tempo stesso rivela
anche la sua estrema attenzione per tutti gli aspetti del conflitto: politici, economici, culturali.
È un libro, insomma, che può interessare e risultare utile tanto agli studiosi, quanto
a un pubblico più ampio di lettori.
Desta qualche perplessità, invece, la cornice interpretativa in cui questi dodici capitoli
sulla Grande guerra vengono inseriti dall’a., in particolare nella Introduzione, dove
le argomentazioni critiche – ad esempio – su quali debbano essere considerate le «conseguenze
» della guerra (se quelle più immediate, o quelle «più ampie», p. X) sono di tono
davvero molto sbrigativo e dove si sostiene, come si trattasse di un originale criterio metodologico,
che nel raccontare i fatti del passato abbiano importanza anche quegli «episodi
meno conosciuti, che hanno anch’essi cambiato il corso della storia» (pp. X-XI). Né
risulta più convincente la Conclusione, in cui Beckett, tra l’altro, dopo aver ricordato come
la storia non accetti ipotesi controfattuali, si avventura proprio in ragionamenti del tipo:
che cosa sarebbe accaduto «se Wilson fosse stato meno idealista», se «Francesco Giuseppe
fosse morto prima», se il governo provvisorio russo «non avesse tentato di proseguire il
conflitto» (p. 249). Sono le parti più deboli di un volume che è invece decisamente apprezzabile,
ancorché meritevole di discussioni più approfondite.

Marco Scavino