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La rivoluzione entra a suon di banda. La scoperta della politica in alcune comunità laziali nell’Italia liberale (Castelli Romani 1870-1913)

Tommaso Petrucciani
Velletri, PM Edizioni, 531 pp., € 35,00

Anno di pubblicazione: 2016

Affondo insieme sfaccettato e minuzioso su un’area ben definita e immediatamente
riconoscibile come quella dei Castelli Romani, il volume si apre con uno sguardo
dall’esterno. Quello di Massimo D’Azeglio, al 1866, dove l’occhio dell’osservatore, pur
eccellente, tende ad assimilare banalmente la zona a una dimensione «meridionale», per
definizione arretrata e immobile.
In realtà – come evidenzia l’a. attraverso un notevole lavoro di spoglio di fonti rivolte,
a ventaglio, in più direzioni – ci troviamo in presenza di una società locale viva,
caratterizzata da una tessitura densa, complessa, in ininterrotta relazione con la vicina
neocapitale. Attraverso la chiave di lettura privilegiata della «sociabilità» di questi paesi,
magmatica e in continua trasformazione – dalle pratiche sociali tradizionali e dall’associazionismo
«generico» dei primi anni postunitari, al crescendo dell’organizzazione politica
formalizzata, a cavallo dei due secoli – viene ripercorso, dunque, l’ampio spettro delle
dinamiche locali e del loro sistema di relazioni: la presenza delle grandi famiglie romane e
dell’universo cattolico, tra vecchie e nuove realtà; la centralità, non solo economica ma sociale
e culturale, del «vignarolo», protagonista indiscusso di centri che pure si distinguono
per la natura «anfibia», «immersi in una dimensione rurale ma bagnati dalla circolazione
di elementi di origine cittadina» (p. 93); soprattutto la vita politica, osservata nel suo
ribollente e faticoso farsi, fitto di conflitti, animata da una «attività pubblicistica» intensa
e da diversi periodici locali (p. 176), a sua volta strettamente connessa con dimensioni
apparentemente «ricreative», dalla rete delle osterie e dei luoghi di ritrovo, ai tanti momenti
di festa (via via riempiti di ulteriori significati), alle bande musicali dalle articolate
funzioni, da cui il titolo del volume.
Un percorso attraverso il quale l’a. mira a mettere a fuoco da un lato, evidenziandola,
«l’identità» di queste comunità, nel rapporto forte ma non totalizzante, anzi scambievole,
con Roma. Dall’altro, polo centrale dell’analisi, l’effettivo realizzarsi de «l’incontro tra
sistema liberale e contesto locale» (p. 485). I molti «spazi contesi», le tante acquisizioni
ma anche resistenze e contraddizioni del «farsi italiani» e, insieme, il dispiegarsi di una
«modernità» che trova qui, rispetto alla realtà regionale, di nuovo grazie alla vicinanza con
la città capitale, una vetrina particolare (come nel racconto della battaglia elettorale del
1909 condotta a suon di tranvie elettriche, biciclette, automobili e telefono).
Verifiche puntuali, di cui si dà in parte dettagliato conto documentario nelle Appendici,
che, come sottolineato anche da Maurizio Ridolfi nell’Introduzione, in particolare
rispetto al nesso, in continuo e inestricabile dialogo, tra locale e nazionale, contribuiscono
a ricordare l’importanza dell’analisi della dimensione territoriale, nelle sue molteplici
varianti.

 Lidia Piccioni