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L’amministrazione della giustizia nella colonia Eritrea. Saggio di storia e comparazione giuridica, per un riordinamento concettuale delle categorie concernenti il colonialismo

Mauro Mazza
Soveria Mannelli, Rubbettino, 634 pp., € 29,00

Anno di pubblicazione: 2015

azza si pone l’ambizioso obiettivo di proporre un «riordinamento concettuale delle
categorie concernenti il colonialismo», come esplicitato nel titolo. In effetti, l’a. non presenta
una semplice ricostruzione dei meccanismi e delle pratiche di amministrazione della
giustizia nella colonia primigenia del Corno d’Africa, ma tenta di tracciare un quadro delle
radici ideologiche e politiche dell’espansionismo italiano. Il discorso è dunque di ampio
respiro e travalica continuamente gli steccati della storia del diritto, muovendosi (a volte
freneticamente) tra passato e presente, con l’obiettivo di tracciare una linea di continuità
tra le eredità coloniali e la realtà delle attuali società africane.
L’ambizione del lavoro sta proprio nel tentativo di presentare un quadro ampio,
inserendo le vicende dell’amministrazione della giustizia in Eritrea all’interno di un contesto
più generale, collegando i vari piani tra loro. Tuttavia, il risultato non è brillante, ma
a tratti confuso e di difficile lettura; senza considerare, in aggiunta, la valutazione circa
il presunto «senso di umanità» del colonialismo italiano (p. 117). Quest’ultimo giudizio
riprende tesi sostenute da una ormai superata corrente storiografica, che andrebbe considerata
essa stessa un’appendice della storia coloniale, più che una serena valutazione dei
risultati raggiunti dall’espansionismo italiano nei suoi quasi novant’anni di storia.
Più utile e completa risulta essere la ricostruzione della normativa e delle pratiche
relative alla giustizia in Eritrea. Sebbene l’a. non opti per la linearità cronologica nello
sviluppo del suo discorso, privilegiando ampie digressioni e salti temporali, emergono
le peculiarità della giustizia coloniale eritrea: a partire dal tema del rapporto tra i codici
metropolitani e quelli coloniali, che monopolizzò il dibattito giuridico nei primi decenni
dell’occupazione.
I colonizzatori italiani dovettero affrontare inoltre il problema della codificazione del
diritto consuetudinario, che rivelò tutti i limiti della «scienza etnogiuridica» italiana (p.
444) e impose la cristallizzazione di un diritto che era per sua natura flessibile, in quanto
sensibile al divenire storico e ai mutevoli equilibri di potere della società. Al tema del diritto
consuetudinario eritreo Mazza dedica numerose pagine, confrontandolo coi diversi
sistemi di «diritto consuetudinario aborigeno negro-africano» (p. 538; forse si sarebbe
potuto evitare l’utilizzo di un lessico dal sapore così marcatamente coloniale).
La parte meglio costruita dell’intero volume risulta essere quella dedicata alla giustizia
amministrativa, che si confronta col tema della tutela dei legittimi interessi dei cittadini
di fronte all’amministrazione pubblica e mette in luce i percorsi divergenti intrapresi
dalla colonia Eritrea e dalla metropoli.

Simona Berhe