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Laura Moschini – Charlotte Perkins Gilman. La straordinaria vita di una femminista vittoriana – 2006

Laura Moschini
Roma, Aracne, 179 pp., euro 11,00

Anno di pubblicazione: 2006

In questo agile volume si propone una ricostruzione della biografia privata di Carlotte Perkins Gilman, figura di spicco del femminismo americano tra ‘800 e ‘900, rinviando a studi successivi la «descrizione delle sue idee, dei collegamenti con le altre correnti di pensiero, dell’analisi delle sue opere e delle sue proposte» (p. 35). Il lavoro si basa sostanzialmente su due opere non ancora tradotte in Italia: The Living of Charlotte Perkins Gilman. An Autobiography (pubblicata nel 1935, poco dopo la morte per eutanasia della suffragista) e The Diaries of Charlotte Perkins Gilman (1875-1935), a cura di D.D. Knight, editi nel 1994. Nata in Connecticut nel 1860, la giovane Charlotte, nonostante l’indigenza causata dall’abbandono della famiglia da parte del padre, riuscì a coltivare i propri interessi artistici e letterari. Un momento di svolta, a 25 anni, fu la nascita della figlia Katarine, che le innescò una crisi esistenziale durante la quale rasentò la follia. Ne guarì riconoscendo la propria avversione nei confronti delle cure domestiche e dei legami familiari e l’incoercibile vocazione all’impegno sociale e politico. La decisione, nel 1891, di divorziare, affidando la figlia al marito e alla nuova moglie, coincise con l’inizio della sua «seconda vita». Da quel momento la Perkins si dedicò totalmente alla scrittura e all’impegno intellettuale e politico. Acclamata conferenziera, divenne nota negli ambienti femministi americani ed europei. Si avvicinò al socialismo: non entrò nel partito, ma nel 1896 fu delegata all’International Socialist and Labor Congress di Londra. All’intensa attività di scrittrice e giornalista è dedicata la seconda parte del libro di Moschini, che però si limita a menzionare fatti e aneddoti senza alcuna riflessione critica d’insieme, neppure quando tratta di un’opera quale Women and Economics (1898), da lei giudicata la pietra miliare di una visione economico-politica femminista anticipatrice e di persistente attualità. Non è questo tuttavia il principale limite della ricerca, che riguarda invece l’impianto sul quale è costruita. Purtroppo l’entusiasmo dell’autrice nei confronti della «straordinaria» figura non è sufficiente a produrre risultati convincenti sul piano storiografico. Lo impediscono l’esiguità della base documentaria, l’assenza di una chiave interpretativa, le numerose ingenuità e approssimazioni. Ne sono esempi, tra gli altri, la discutibile interpretazione della categoria di gender (p. 7) e l’uso disinvolto del termine «vittoriana» per definire un’esperienza che si protrasse oltre il primo trentennio del ‘900 e fu simbolo di trasgressione privata e pubblica: per il privilegio accordato alla propria vocazione e alla propria carriera, per la relazione amorosa con un’altra donna, prima di risposarsi con un cugino più giovane di lei, e infine per aver dimostrato in Women and economics che per le donne non esisteva libertà senza l’indipendenza finanziaria. Questo libro è un’occasione mancata, che tuttavia invita ad approfondire le ricerche su una figura di grande spessore, meritevole di una biografia complessiva che ne integri esperienza pubblica e privata, vita affettiva e vita politica, inserendole nel contesto sociale e politico nel quale si manifestarono.

Emma Scaramuzza