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L’avamposto sul Danubio della triplice alleanza. Diplomazia e politica di sicurezza nella Romania di re Carlo I (1878-1914)

Rudolf Dinu
Roma, Aracne, 216 pp., € 12,00

Anno di pubblicazione: 2015

Il volume illustra la storia della politica di sicurezza della Romania dalla sua costitu- zione come stato indipendente, riconosciuta dalle grandi potenze al Congresso di Berlino del 1878, fino alla deflagrazione della prima guerra mondiale. Come precisa lo stesso a., il volume non si propone di presentare una sintesi delle relazioni internazionali della Romania, ma di studiare i rapporti, non sempre facili, fra il giovane regno e la Triplice Alleanza. Nel 1883, infatti, il governo romeno aveva deciso di stipulare un trattato difen- sivo con l’Impero austro-ungarico, a cui aderirono anche la Germania e, qualche anno dopo, l’Italia. La classe dirigente romena fu portata a questa scelta soprattutto dal timore nutrito nei confronti del grande vicino russo, che nel 1878 aveva annesso la Bessarabia meridionale e che, da precedente alleato in funzione antiottomana, nel mutato scenario geopolitico era percepito come una minaccia ai confini nord-orientali del paese. Come spiega l’a., fu l’«ossessione del pericolo russo» (p. 55) a guidare le scelte dei governanti romeni fino alla guerra mondiale e a farli propendere per un’alleanza che tuttavia divenne progressivamente più «stretta», in particolare dagli ultimi anni del secolo.
Fu la crescente radicalizzazione del nazionalismo in tutta l’Europa sud-orientale e in particolare nell’opinione pubblica romena a complicare i rapporti fra Bucarest e i suoi alleati. Da un lato la mobilitazione a favore dei romeni di Transilvania, discriminati dal governo ungherese soprattutto nell’ambito dell’istruzione, dall’altro la destabilizzazione portata allo scacchiere balcanico dall’annessione della Bosnia da parte dell’Impero austro- ungarico (1908) e dalle due successive guerre balcaniche (1912-13), fecero vieppiù scric- chiolare l’edificio dell’alleanza. Lo scoppio della guerra portò poi a una crisi definitiva del sistema e, dopo due anni di neutralità, a un capovolgimento delle alleanze da parte del governo romeno.
Ma che peso ebbe realmente l’opinione pubblica nazionalista nelle decisioni del go- verno? E soprattutto: quanto erano effettivamente presenti gli ideali irredentistici nella popolazione romena, composta allora in gran parte da contadini analfabeti? Su questi temi cruciali, ci informa l’a., la storiografia romena non si è ancora cimentata, indulgen- do piuttosto alla tradizionale e oleografica immagine del governo «al servizio dell’ideale nazionale» (p. 194).
L’a. è un profondo conoscitore del tema, cui ha già dedicato numerosi studi. Pertan- to il volume, che si basa su un buon numero di fonti primarie, costituisce senza dubbio una lettura d’obbligo non solo per gli studiosi di storia romena ma anche per tutti coloro che fossero interessati ad approfondire le implicazioni balcanico-danubiane della politica di potenza europea fra ’800 e ’900.

Stefano Santoro