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Le istituzioni politiche italiane. Da Cavour al dibattito contemporaneo

Giuseppe Astuto
Roma, Carocci, 302 pp., € 29,90

Anno di pubblicazione: 2016

Autore – fra l’altro – di importanti studi su Crispi e il crispismo, nonché di un compendio
di storia dell’amministrazione pubblica, Giuseppe Astuto si è adesso misurato con
un’ampia ricostruzione storica delle istituzioni politiche italiane (e non solo) che parte
dagli inizi dell’800 e giunge sino alle vicende contemporanee. Professore ordinario in tale
ambito disciplinare presso il Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Università
di Catania, dopo alcune monografie su argomenti settoriali si è appunto dedicato, negli
ultimi tempi, alla didattica universitaria; nel 2009 con il richiamato saggio sull’amministrazione
italiana, e ora con il testo che qui si recensisce.
Utilizzando una periodizzazione di tipo essenzialmente politico – ma consueta nei
lavori di tal fatta –, l’a. compie un lungo cammino che inizia, nel primo capitolo, con la
costruzione dello Stato unitario e si chiude, nel nono, con la descrizione della grave crisi
del sistema politico che, dopo Tangentopoli, passando per l’alternanza, non duratura, fra
coalizioni di centro-destra e di centro-sinistra, si trascina in una difficile transizione di
cui non si intravedono ancora la conclusione e lo sbocco. Non si trascurano, dunque, gli
avvenimenti a noi più prossimi come la formazione del governo Renzi e il contestato (e,
come è noto, da poco respinto) progetto di riforma costituzionale.
Occorre sottolineare che mancava sinora – nel panorama delle pubblicazioni didattiche
di storia delle istituzioni politiche italiane – una sintesi, di lungo periodo, che
tenesse insieme, e affiancasse, la storia costituzionale e quella amministrativa. Altri manuali,
comparsi negli ultimi decenni, erano infatti concentrati, in molti casi, e in misura
prevalente, ora sull’una ora sull’altra di queste due tradizionali suddivisioni della citata
disciplina. La visuale del libro, inoltre, non è ristretta alle questioni «domestiche» ma è
ricca di riferimenti di natura comparata, mentre è continuo il rimando alle istituzioni
dell’Unione Europea, destinate a costituire un quadro politico sovraordinato e ineludibile
e un ordinamento normativo sempre più vincolante.
Va pure detto che le tematiche giuridico-istituzionali, al centro della narrazione,
non oscurano l’analisi delle sottostanti trasformazioni sociali ed economiche. Nel volume
ci sono, qua e là, alcune imprecisioni, però non è facile stilare una silloge, di impianto
didascalico, non solo perché occorre avere la padronanza delle acquisizioni cui sono giunti
differenti settori della storiografia, ma in quanto è sempre arduo mediare tra l’esigenza
della «perfezione» e l’imperativo della semplificazione. Se un appunto più preciso si può
fare, riguarda la scarsa attenzione al potere giudiziario e al ruolo della magistratura, tra
’800 e ’900; un difetto, questo, che si riscontra, purtroppo, anche in altre opere generali
di storia delle istituzioni.

 Piero Aimo