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Le quattro giornate di Catanzaro. 25-28 gennaio 1950: la città in rivolta per il capoluogo

Alessandro De Virgilio
Soveria Mannelli, Rubbettino, 128 pp., € 12,00

Anno di pubblicazione: 2014

La contesa per il capoluogo calabrese, sfociata nella rivolta di Reggio Calabria del 1970, ha un suo precedente minore nelle proteste che si verificarono nel 1950 a Catanzaro, la città rivale. La mobilitazione sorse in seguito alla “decisione di sospendere la decisione” (il gioco di parole è voluto, in quanto segnala un meccanismo politico-istituzionale dilatorio, che non placa le tensioni ma le alimenta) presso la commissione Interni della Camera. La relazione prodotta dall’organismo parlamentare, favorevole a Catanzaro, fu rimandata all’esame dell’aula, che non la prese mai in considerazione, visto il successivo “congelamento” dell’ordinamento regionale. Il copione è simile a quello della protesta inscenata vent’anni dopo a Reggio: comizio nel centro cittadino, con partecipazione di varie forze politiche, escluse quelle di sinistra (solo qualche esponente a titolo personale); costituzione di un comitato civico d’agitazione, capeggiato dalle autorità municipali e provinciali, nonché da rappresentanti degli ordini professionali; sciopero cittadino e corteo, con conseguenti cariche della celere (singolarmente, come a Reggio nel 1970, «diverso fu il comportamento dei carabinieri» (p. 86), più propensi all’indulgenza!) e incidenti; manifestazione dei comunisti contro le agitazioni campanilistiche, con accuse di strumentalizzazione rivolte pure ai vertici economici ed ecclesiastici della città. Una tale analogia indica la permanenza di complessi meccanismi sociali e politici localistici. Ma il libro non si addentra in una dimensione analitica, si limita a narrare i fatti, con ritmo e fluidità, e a prendere velatamente posizione nella disputa.
Il risultato è un’opera di carattere “giornalistico”, non soltanto per il mestiere dell’a. ma pure nel senso che le fonti sono quasi esclusivamente a stampa, le vicende non vengono problematizzate con categorie scientifiche e manca quasi completamente il confronto con opere di carattere storiografico di taglio più ampio (almeno sulla storia della Calabria). D’altronde, il motivo per cui questo episodio ha attirato l’attenzione quasi esclusiva di giornalisti è rinvenibile, secondo Pantaleone Sergi, autore della Prefazione, nel fatto che «la prima “rivolta” per il capoluogo […] esplose sull’onda di una devastante “guerra di carta”». Proprio i «toni allarmistici e parossistici (e spesso volgari alle persone)» (p. 7), che contrassegnarono la comunicazione in quel caso, potrebbero fornirci qualche spunto utile per un esame più ampio del giornalismo e dei giornalisti locali, in Calabria e non solo. Sarebbe interessante, ad esempio, indagare il ruolo dei media in contesti periferici, segnati da gravi problemi di disagio economico e sociale, sotto il profilo del rapporto con il centro politico decisionale di carattere nazionale. O esaminare quali siano le relazioni di giornali e giornalisti con la classe dirigente a livello territoriale, nell’ottica di condizionamento e orientamento dell’opinione pubblica.

Luigi Ambrosi