Cerca

Letizia Paoli – Fratelli di mafia. Cosa Nostra e ‘Ndrangheta, Presentazione di Pino Arlacchi – 2000

Letizia Paoli
il Mulino, Bologna

Anno di pubblicazione: 2000

Il libro di Letizia Paoli, allieva di Pino Arlacchi, in passato consulente della Direzione Investigativa Antimafia e adesso ricercatrice presso il Dipartimento di Criminologia del Max Planck Institut di Friburgo, propone una interessantissima comparazione tra le due fratellanze mafiose di “Cosa Nostra” e della “‘Ndrangheta”.
L’autrice evidenzia quattro caratteristiche comuni alle due consorterie criminali, che finiscono per coincidere con quegli aspetti che fanno della mafia una forma del tutto particolare di criminalità organizzata.
La presenza di raggruppamenti stabili e formalizzati, dotati di strutture associative complesse, di una gerarchia interna, di organi di governo a vario livello.
La centralità del “subuniverso mafioso”, di quella dimensione valoriale e simbolica (ritualizzazione e socializzazione dei rapporti interni, trasmissione di un insieme di norme etico-morali) che rappresenta per i mafiosi un reticolo di vincoli relazionali sui quali si fondano la loro identità e senso di appartenenza ad un gruppo.
Il ricorso al principio della “segretezza” come strumento di rafforzamento interno e di difesa dalla repressione statale, affiancato dalla presenza di veri e propri istituti normativi che controllano la fedeltà degli individui al gruppo criminale.
Infine, la comune tendenza al controllo di un territorio, sul quale le associazioni mafiose agiscono non come semplici imprese economiche (illecite), ma come realtà in grado di perseguire una molteplicità di obiettivi e di assolvere una pluralità di funzioni, politiche ed economiche.
L’autrice padroneggia con disinvoltura la cassetta degli attrezzi tipica del sociologo, e integra l’analisi di ognuna delle “quattro tesi” con una prospettiva diacronica (origini, evoluzione, sviluppo recente dei due fenomeni criminali) che consente all’analisi di prendere quota e di sopperire ai limiti di un periodare un po’ faticoso, che procede talora a scosse.
La fonte prevalente sono le dichiarazioni dei collaboranti di giustizia, utilizzate come chiave di accesso alla dimensione interna e relazionale del mondo criminale, del modo di pensare e dei codici culturali propri dei “fratelli di mafia”. Argomento che rappresenta il contributo più innovativo del libro, ma che talvolta ne è anche un elemento di debolezza, in quei passi nei quali l’autrice non sottopone a vaglio critico alcune ricostruzioni e categorie interpretative della storia della mafia proposte dagli stessi collaboranti.
Il libro rappresenta comunque un valore aggiunto in un settore editoriale ancora oggi inflazionato da contributi pseudo-scientifici, e ribadisce la bontà dell’approccio interdisciplinare e comparato applicato allo studio dei fenomeni mafiosi: un campo di ricerca nel quale i sociologi continuano a proporre contributi sempre nuovi e stimolanti (si pensi anche al Mafie vecchie, mafie nuove di Rocco Sciarrone), lanciando una sfida che gli storici stentano ancora a raccogliere.
Da segnalare infine l’appendice bibliografica molto estesa (pp. 305-56), di per se stessa strumento utilissimo per chi si accosta agli studi sulla criminalità organizzata.

Gianluca Fulvetti