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Libri per diventare italiani. L’editoria per la scuola a Milano nel secondo Ottocento

Elisa Marazzi
Milano, FrancoAngeli, 331 pp., € 38,00

Anno di pubblicazione:

Diciamo subito che per ottemperare alle promesse del titolo il volume avrebbe richiesto
un taglio di ricerca e di scrittura che desse il giusto rilievo ai condizionamenti
indotti da una scolarizzazione solo formalmente unitaria e per lo più riducibile al ciclo
inferiore. Ma le indagini su cui esso si fonda, radicate in una tesi di dottorato discussa a
Milano nel 2010, sono ampie e accurate, così come le conoscenze dell’a. in tema di storia
del libro e dell’editoria, che anche in Italia sta conoscendo crescente e meritata fortuna.
L’indagine ha come focus le iniziative di quattro editori milanesi – Vallardi, Trevisini,
Agnelli e Carrara – uniti da una attenzione più o meno organica al libro scolastico,
e soprattutto al libro di lettura, termine ibrido e polivalente che ben fotografa la «condizione
di indeterminatezza dei confini tra libro didattico e di lettura per il tempo libero»
(p. 225) propria dell’Italia nel periodo qui preso in esame: un periodo che ha il suo focus
nel mezzo secolo compreso fra Porta Pia e la Grande guerra (con un’attenzione specifica
all’età umbertina), ma che offre anche utili ragguagli sul prima e qualche rapido lancio
sul dopo.
Dopo aver illustrato le linee di sviluppo del polo milanese, che nello scolastico decolla
solo sul finire degli anni ’70, sopravanzando subito dopo Torino e Firenze, si entra
nel vivo del tema, ricostruendo percorsi e lineamenti – ora radicati in tradizioni familiari,
ora di prima generazione – delle imprese editoriali prese in esame, un po’ sommariamente
definite minori per distinguerle da giganti come Treves o Hoepli, essi pure attivi nel settore
e già variamente studiati.
L’a. evidenzia la commistione di ruoli che anche nella Milano fin-de-siècle continua
a caratterizzare la professione editoriale, ricca di tipografi editori e di editori librai che
stentano ad approntare cataloghi mirati e collane dotate di una qualche organicità, e che
– accanto a libri e periodici per l’infanzia (ma anche per insegnanti) – commercializzano
le più varie suppellettili scolastiche, cercando di captare e indirizzare bisogni e sensibilità
di una tipologia nuova di utenti e lettori: quella dell’esercito di insegnanti e scolari delle
elementari, ma anche di ceti popolari in grado per la prima volta di rompere – economicamente
e mentalmente – l’assedio delle spese di pura sopravvivenza.
Ne venne un profluvio di libri a destinazione plurima – per lo studio e per il tempo
libero, per le scuole e per le famiglie –, di cui l’a. offre numerosi esempi attraverso una
certosina opera di ricostruzione di titoli di libretti spesso troppo poveri nei materiali e nei
contenuti per giungere fino a noi, e sempre concepiti nell’ottica di una «istruzione educatrice
» ricca di umori moralistici ed edificanti, concepita nella convinzione, intrinsecamente
conservatrice, che «il popolo è fanciullo», come amavano ripetere anche Salvemini
e Lombardo Radice, e che dunque ciò che era adatto ai bambini, andava benissimo anche
per il popolo: un popolo ancora lontano dall’essere concepito e trattato come un collettivo
di moderni cittadini «nazionali».

Simonetta Soldani