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L’industria del libro a Venezia durante la Restaurazione (1815-1848)

Marco Callegari
Firenze, Leo Olschki, XVIII-288 pp., € 34,00

Anno di pubblicazione: 2016

Gli ormai numerosi studi sull’industria del libro nei primi decenni dell’800 hanno posto in primo piano l’ascesa di Milano, e il suo divenire, a partire dagli anni della Repubblica Cisalpina (e poi soprattutto in quelli della Repubblica Italiana), un centro di attrazione per intellettuali di tutta Italia, che qui lavorano e stampano. Il conseguente sviluppo delle stamperie milanesi, non fermato dai successivi cambiamenti politici, ha tolto spazio, e visibilità, all’industria del libro fiorita a Venezia nel XVII e nel XVIII secolo, così che anche studi recenti dedicati alla storia, alla cultura, alle imprese della città hanno spesso dato per scontato il rapido (e irreversibile) declino dell’attività tipografica dopo la fine della Repubblica e negli anni difficili che ne sono seguiti.
La crisi dell’industria del libro a Venezia e la crescita di quella milanese sono dunque divenuti una specie di cliché storiografico, diffondendosi il quale si è studiata poco la reale situazione veneziana negli anni della Restaurazione. Le ricerche di Marco Callegari (che ha compulsato minuziosamente l’Archivio di Stato di Venezia in tutti i possibili fondi dove trovare documenti relativi alla stampa) cambiano il quadro, non per togliere a Milano il ruolo che la porterà a diventare la capitale dell’editoria italiana, ma per restituire a Venezia l’immagine di una città dove si continua a stampare, secondo i modelli settecenteschi ma anche con modelli editoriali nuovi.
Dopo la premessa di Mario Infelise, i capitoli del libro (i primi quattro dedicati alla produzione e ai suoi protagonisti, il quinto al commercio librario) si muovono dunque tra la constatazione della resistenza dei vecchi librai e stampatori, chiusi in un mercato spesso ristretto al solo ambito cittadino, e la dinamicità dei nuovi editori, che, dotati di proprie tipografie e non più vincolati a vendere i libri prodotti da altri e avuti come scambio dei propri, cercano di raggiungere mercati esterni a Venezia e al territorio veneto. L’importanza delle nuove attività è ben esemplificata, per esempio, nella storia di Girolamo Tasso, di Giuseppe Antonelli, della Tipografia di Alvisopoli (diretta da Bartolomeo Gamba, nello stesso tempo Direttore dell’Ufficio Centrale della Censura), della Tipografia del Gondoliere.
L’a. utilizza documenti inerenti le fasi di organizzazione e di produzione, delineando l’identità dei tipografi e dei librai e le modalità del loro lavoro, e, nello stesso tempo, dando conto di una Censura sempre pronta a intervenire, fin dalle richieste di aprire nuove imprese di stampa o di vendita. Va poi segnalato che lo studioso introduce un criterio metodologico innovativo (i cui risultati sono in numerose tabelle): il ricorso, come indice oggettivo di attività produttiva per «valutare l’effettiva dimensione dell’industria tipografica veneta» (p. 116), al computo del numero dei fogli stampati dai vari tipografi. Una proposta che arricchisce, in chiave metodologica, una ricerca già di per sé di grande interesse per i risultati raggiunti con gli scavi archivistici.

Alberto Cadioli