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Livia Cavaglieri – Tra arte e mercato. Agenti e agenzie teatrali nel XIX secolo – 2006

Livia Cavaglieri
Roma, Bulzoni, 422 pp., euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2006

L’autrice è una storica del teatro che da un percorso più orientato alle esperienze sceniche contemporanee (si vedano lavori precedenti sul Piccolo Teatro milanese e su Luca Ronconi) ha indirizzato risolutamente la propria ricerca sul teatro ottocentesco e sui suoi meccanismi produttivi, illuminandone una figura centrale come è quella dell’agente teatrale. Il volume si inserisce così in un crescente filone di studi internazionali sullo strutturarsi ottocentesco dell’industria dello spettacolo che vede per lo più interagire storici, sociologi della cultura, musicologi e storici del teatro. In questo caso il lavoro presenta un impianto rigorosamente storico e si basa sull’indagine di un insieme ricco e articolato di fonti archivistiche e non, per arrivare a produrre ? importante risultato aggiuntivo in appendice ? un accurato dizionario biobibliografico degli agenti teatrali attivi a Milano nell’Ottocento (all’incirca 150) che sarà di indubbia utilità per le ricerche successive. L’originalità del volume sta anche nella scelta dell’oggetto: l’agente teatrale rappresenta infatti uno dei tasselli più trascurati e dileggiati del sistema teatrale in quanto esplicito anello di congiunzione tra arte e mercato, un sensale tra artisti, impresari e teatri verso cui si indirizza la critica sempre riemergente alla commercializzazione dell’arte teatrale. La sua nascita come figura professionale via via più autonoma e riconoscibile si colloca non a caso nell’ambito del teatro in musica, che già nel primo Ottocento sviluppa dinamiche produttive moderne e un volume di affari consistente. Inutile dire che la scelta di uno sguardo congiunto sul mondo della musica e della prosa risulta qui inevitabile, a dispetto delle artificiali partizioni disciplinari. L’autrice segue dapprima il percorso giuridico della categoria, dalla più sospettosa ma anche più attenta normativa pre-unitaria, che ne identifica competenze ed attività, fino al più indeterminato quadro legislativo del Regno, che nasconde una certa indifferenza per il mondo teatrale nel suo complesso. Ne analizza poi la professionalizzazione e le pratiche effettive arrivando alla fase del suo pieno sviluppo tra gli anni Settanta e Novanta, quando insieme agli agenti, ormai intermediari consueti tra gli artisti e i centri di produzione, si moltiplicano anche le riviste di agenzia, strumento chiave per il funzionamento di una vita teatrale che a fine secolo acquisisce una ben diversa complessità. Qui l’argomentazione cala all’interno del singolo caso di Milano, la piazza più significativa nella geografia teatrale italiana del secondo Ottocento, e si sofferma su alcuni casi particolari come quello dell’«Arte drammatica», la rivista più attesa e più letta dagli addetti ai lavori, e del suo fondatore, il vulcanico Icilio Polese Santarnecchi. Figure centrali nella costruzione delle carriere degli attori e dei cantanti, ma anche nell’orientare la programmazione corrente attraverso la traduzione della produzione straniera, gli agenti teatrali ci introducono così ad una percezione più ravvicinata dei momenti di trasformazione dell’offerta spettacolare nell’Italia ottocentesca.

Carlotta Sorba