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Luca Scuccimarra – La sciabola di Sieyès. Le giornate di brumaio e la genesi del regime bonapartista – 2002

Luca Scuccimarra
Bologna, il Mulino, pp. 202, euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2002

Il saggio di Luca Scuccimarra, che insegna Storia del pensiero politico all’Università di Macerata, esce nella collana Le grandi date della storia costituzionale del Laboratorio di Storia costituzionale ?Antoine Barnave?. Si tratta di una serrata indagine che ricostruisce il passaggio che porta la Francia rivoluzionaria a una forma di potere personale e dà vita a un nuovo modello politico, il cesarismo. Artefice principale ne è Sieyès: il quale, nell’autunno del 1799, è in cerca di una ?sciabola? che appoggi il suo progetto di revisione costituzionale e sia disposta a rientrare poi nel fodero. Studiare le giornate di brumaio significa fare i conti con l’irruzione, in questo piano tutto inscritto nell’esperienza direttoriale, di un diverso disegno che lo stravolge; significa ricostruire la trama che lega il colpo di stato bonapartista all’?autunno della rivoluzione? e, al tempo stesso, individuare la frattura che esso introduce nella storia politico-costituzionale francese.
La tara congenita dell’età direttoriale è indicata in una ?malformazione costituzionale? (p. 70), che si è risolta in una crisi di governabilità. Da una parte si è dato un sistema istituzionale a compartimenti stagni, condannato alla paralisi decisionale; dall’altra, per realizzare la normalizzazione repubblicana, la classe politica direttoriale ha dovuto violare sistematicamente i risultati elettorali. La stabilità perseguita attraverso le leggi d’eccezione è altresì il segno di quello che appare come il maggiore vizio del sistema: ovvero una ?patologica scissione tra società e istituzioni?, confermata dalla dinamica dei colpi di stato, per cui ?tutto avviene all’interno del fortilizio della politica, con il solo appoggio esterno ? se necessario ? dell’esercito? (p. 101). È in relazione a questo fenomeno che si rivela la forza dirompente del messaggio populista di Bonaparte, con la sua pretesa di rappresentare, al di sopra dei partiti, la totalità dei cittadini.
Quanto all’analisi della Costituzione dell’anno VIII, mi limiterò a considerare il problema dell’apporto rispettivo di Sieyès e della sua ?sciabola?. Del primo Bonaparte ha, secondo l’autore, utilizzato soprattutto la ridefinizione del circuito della rappresentanza: il sistema della ?fiducia? realizzato nelle listes de confiance risulta compatibile con il principio della sovranità popolare, ma lo disarticola radicalmente dall’esercizio del suffragio. Per il resto, egli ha creato un sistema di ?eliocentrismo costituzionale? (p. 167). Non solo ha avuto fine il legicentrismo alla francese, ma la funzione esecutiva, nuovo baricentro istituzionale, si è identificata con un Uomo. È il ?principe nuovo? che si profila nelle pagine finali: il Capo, legittimato dai cinque milioni di voti provenienti dall’ambigua pratica del plebiscito, e che mescola dominio autoritario e consenso popolare. E se è vero, come sostiene Rémond, che il bonapartismo è un’alleanza di democrazia ed autorità, qui si tien ben fermo che ?in questo modello solo l’autorità del capo dello Stato svolge una funzione attiva, mentre la democrazia assume il ruolo meramente passivo di una strumentale cornice legittimatoria? (p. 192).

Regina Pozzi