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Lucetta Scaraffia e Anna Maria Isastia – Donne ottimiste. Femminismo e associazioni borghesi nell’Otto e Novecento – 2002

Lucetta Scaraffia e Anna Maria Isastia
Bologna, il Mulino, pp. 303, euro 19,00

Anno di pubblicazione: 2002

Il volume si articola in due parti. La prima, scritta da Lucetta Scaraffia, ricostruisce la parabola tardo-ottocentesca e primo-novecentesca dell’associazionismo femminile teosofico, teso a ?restituire alla vita pubblica il carattere religioso che la società borghese aveva cancellato? (p. 68) e a contestare, in nome delle ?tradizionali virtù femminili: capacità di dare senza chiedere, bontà e calore umano? (p. 96), l’aggressivo maschilismo caratteristico del moderno mondo capitalistico. Ad essere prese in considerazione, sullo sfondo di uno scenario tanto internazionale quanto italiano, sono figure appartenenti alle correnti più spiritualistiche ed esoteriche della massoneria, animate dal sogno di ?una società diversa? a leadership femminile (p. 112).
In Italia la stagione dei grandi slanci utopici si chiude tuttavia con l’avvento del fascismo. Poi, prima dell’ondata femminista degli anni Settanta, l’associazionismo femminile del dopoguerra sarà contraddistinto per un verso da esperienze a denso spessore politico o confessionale (quella social-comunista, quella cattolica), per l’altro dalla diffusione di alcuni club di origine americana, rivolti alle professioniste di livello sociale medio-alto, che perseguono ?obiettivi più concreti come l’emancipazione femminile ottenuta attraverso l’istruzione e l’impegno professionale e elettorale?. Alternando riti di autoidentificazione di status a iniziative filantropiche, vi si coltiva piena fiducia ?nella capacità della cultura occidentale di garantire il progresso e la libertà nel mondo?, con l’obiettivo di ?trasmettere una immagine positiva del progresso occidentale, cioè della democrazia e del capitalismo? (p. 122).
Inizia qui la seconda parte del volume, scritta per lo più da Anna Maria Isastia. Attingendo copiosamente alla pubblicistica interna e alla memoria di alcune protagoniste, vengono tratteggiate le storie del Club Soroptimist e della AIDDA, lobbies di donne emancipate, del cui attivismo si ipotizza in alcuni passi del lavoro un legame con il movimento teosofico tardo-ottocentesco (p. 129).
Alla luce della documentazione offerta, tuttavia, quel legame a me appare davvero assai tenue, mentre molto netta, almeno per il caso italiano, si presenta la ?divisione fra le socie più legate ai rapporti interni e alla vita mondana e quelle interessate a svolgere un significativo impegno sociale? (p. 262). Sembra di capire che siano piuttosto le prime a prevalere, nel segno, evidentemente, di un distacco rispetto alla polemica antimoderna del primo femminismo.
Le autrici ritengono che il modello soroptimista, basato sulla piena accettazione dei valori occidental-borghesi e in particolare sull’idea dell’affermazione individuale femminile in ambito professionale risulti ora ?quello vincente nel momento del generale riflusso dei movimenti femministi? (p. 131). Chi scrive non capisce però in che modo esso possa rappresentare, come pure esse affermano, la ?riproposizione, su nuove basi secolarizzate, dell’internazionalismo pacifista e umanitario? (p. 143) tipico delle correnti teosofiche e spiritualistiche alle quali è dedicata la prima parte del volume.

Marco Meriggi