Cerca

Luciano Allegra – Gli aguzzini di Mimo. Storie di ordinario collaborazionismo (1943-1945) – 2010

Luciano Allegra
Torino, Zamorani, 340 pp., € 36,00

Anno di pubblicazione: 2010

Sembra la biografia di un partigiano torinese, Francesco «Mimo» Pinardi. In effetti, dopo una fin troppo lunga introduzione sull’uso della memoria e del linguaggio nella ricerca storica, i primi due capitoli trattano della vita e del martirio di questo giovane giellista di buona famiglia, torturato e ucciso da una delle polizie speciali della Rsi. In realtà la vicenda del giovane è un pretesto per introdurre la seconda parte della monografia sull’«ordinario collaborazionismo» e, più in generale, sul fenomeno collaborativo visto da un punto di vista sociologico e antropologico. Nel panorama editoriale sulla guerra civile, il dettagliato studio di Allegra si distingue per tre aspetti. Rispetto alla moda revisionista inaugurata da Pansa, il libro rappresenta una netta discontinuità: dopo anni di celebrazioni (anche fondate) del «sangue dei vinti», è uno studio che descrive l’altro volto di Salò, le camere della morte (i «mattatoi» li definisce efficacemente l’a.), le sopraffazioni, gli atti criminali compiuti in nome del fascismo repubblicano. Senza indugiare sugli aspetti più macabri e grandguignoleschi delle imprese degli «uffici politici e investigativi» dei corpi ausiliari saloini, Allegra ci trasmette un affresco di orrori che controbilancia le giustificazioni dell’ultimo decennio. Vi è poi il tentativo di ricostruire i vari profili biografici dei collaborazionisti: convinti fascisti, «sbirri» di professione, sadici e fanatici esecutori, «avvoltoi» interessati al proprio tornaconto, soggetti spinti da patologie psichiatriche. Si vuole fare di questo studio una sorta di italiano Lacombe Lucien, il lungometraggio di Malle citato come raro esempio di racconto di «ordinario collaborazionismo». In terzo luogo c’è l’analisi socio-antropologica degli ausiliari saloini, arricchita da tabelle basate sugli atti processuali postbellici: il cospicuo impianto di note si richiama ampiamente alle carte dei processi condotti contro i sopravvissuti ai «giorni della vendetta» del 1945. È forse la parte più interessante del lavoro, un utile manuale dove i collaborazionisti vengono classificati con precisione. Scopriamo che la maggioranza degli aguzzini era d’origine toscana, ligure e siciliana; che le professioni di agente di commercio e di impiegato (i «serbatoi della collaborazione») erano le più diffuse, quasi assenti erano i professionisti e gli operai; che l’età media, nonostante la vulgata reducista abbia descritto Salò come una Repubblica di giovani entusiasti, era oltre i 40 anni. Il volume si chiude con una breve analisi della memoria, nella quale si ribadiscono la difesa dell’«onore» e la volontà di riscattare la patria (e il fascismo) dall’onta di settembre come basi di una scelta che per molti fu casuale. Distinguendo la militanza generica nella Rsi dall’appartenenza alle varie polizie speciali (Koch, Carità, Muti, Gnr, X Mas, Brigate Nere e Raggruppamento antipartigiano che uccise Mimo), Allegra ricorda che la violenza non può essere collegata al solo fatto criminale: essa fu amplificata dall’apoteosi della sopraffazione e dallo scatenamento di un odio revanscista che fu al centro della vicenda degli «ordinari collaborazionisti» di Salò.

Marzo Cuzzi