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Luciano Trincia – Per la fede, per la patria. I Salesiani e l’emigrazione italiana in Svizzera fino alla prima guerra mondiale – 2002

Luciano Trincia
Roma, LAS, pp. 253, euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2002

Che la Chiesa cattolica abbia anticipato lo stato nella capacità di recepire l’importanza del fenomeno migratorio e nel tentare di governarlo è un indubbio dato di fatto. E’ nota infatti l’opera esplicata al riguardo soprattutto da due suoi autorevoli esponenti, Giovanni Scalabrini e Geremia Bonomelli, che vi legarono indissolubilmente il proprio nome.
Tuttavia, tra l’ultimo scorcio dell’800 e i primi anni del ‘900, l’emigrazione divenne nel mondo cattolico un terreno di scontro. Ne fu teatro la Svizzera, sia perché aveva intrapreso una politica di assimilazione religiosa, sociale e politica degli stranieri, sia per la robusta tradizione anarchico-socialista ereditata dagli italiani dal fuoruscitismo politico. A ciò si aggiunga l’importanza strategica della Confederazione elvetica, porta d’accesso alla penetrazione cattolica nella Mitteleuropa.
I salesiani riuscirono ad aprire una prima breccia esportando la loro attività peculiare, l’istruzione e la formazione dei giovani appartenenti alle classi medie. Di fronte però al sopraggiungere delle schiere di mano d’opera reclutata in Romagna, Sicilia e Calabria per il traforo del Sempione, e che videro monsignor Bonomelli in prima linea nel denunciare le miserevoli condizioni di vita e di lavoro, dedicarono una maggiore attenzione alla composizione sociale delle comunità italiane e, specie per impulso di don Michele Rua, succeduto a don Bosco, riprodussero per intero l’ampia gamma di iniziative ? organi di stampa, patronati, associazioni di mutuo soccorso, cooperative ? sperimentate da tempo con successo in Argentina.
I rapporti tra salesiani e monsignor Bonomelli, da occasionali che erano, divennero organici con la nascita, nel 1900 a Cremona, dell’Opera di Assistenza agli operai italiani in Europa e nel Levante, cui aderirono anche molti laici, che avevano a cuore le sorti dell’emigrazione, da Fogazzaro a Pasquale Villari. L’impostazione patriottica dell’Opera suscitò l’irrigidimento dell’intransigentismo cattolico, che paventava, su questa base, un riavvicinamento della Chiesa allo stato. In quegli stessi anni, infatti, l’ala integralista capeggiata da Davide Albertario, forte del sostegno e dell’approvazione della Santa Sede, iniziò a sua volta un’opera di proselitismo tra gli immigrati italiani in Svizzera, in aperta competizione con l’associazionismo operaio.
Malgrado questa difficile situazione, e grazie anche al sostegno dell’episcopato svizzero, i salesiani riuscirono ugualmente ad accrescere sempre più la loro presenza e a consolidarla in Europa e in America con appositi organi di coordinamento. Essi svolsero comunque un ruolo di punta nel modificare l’atteggiamento della Chiesa e nel considerare l’emigrazione una via privilegiata alla diffusione del cattolicesimo.
Il loro apostolato e l’assistenza sociale e religiosa si coniugarono ad una retorica patriottica la cui venatura nazionalista viene poco persuasivamente negata dall’autore. Ma attribuire loro il proposito di ?cementare il codice genetico del gruppo immigrato? (p. 136) e del ?mantenimento della loro identità culturale e confessionale.? (p. 138) insinua più di un sospetto su un’immunità ideologica poco dimostrata.

Andreina De Clementi