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Luigi Cerruti – Bella e potente. La chimica del Novecento fra scienza e società – 2003

Luigi Cerruti
Roma, Editori riuniti, pp. 507, euro 28,00

Anno di pubblicazione: 2003

Le periodizzazioni storiografiche, come è noto, possiedono un notevole tratto di convenzionalità. Tuttavia la delimitazione temporale dello studio degli oggetti di cui si tratta storicamente è una necessità intrinseca a questa stessa pratica intellettuale. La cosa, però, è assai complicata se l’oggetto di indagine è una disciplina scientifica, in particolare la chimica. Salvo rari casi, infatti, questo sapere non è stato attraversato da eventi singolari di portata tale da essere considerati discontinuità paradigmatiche che separano due momenti nettamente distinti e incommensurabili delle sue vicende. Infatti, ciò che colpisce della storia della chimica è piuttosto una stessa persistenza tematica sottesa ai mutamenti, anche decisivi, delle sue teorie, delle sue pratiche sperimentali, del modo sociale di organizzare la produzione delle sue conoscenze. Un altro aspetto tipico della chimica è l’accrescersi nel tempo delle sue ramificazioni sottodisciplinari e delle zone di sovrapposizione con altri saperi, contigui o anche lontani, per non parlare dell’impatto sociale delle sue pratiche sperimentali e delle sue applicazioni. Non è un caso, quindi, che una serie molto ampia di considerazioni di tipo metodologico apra e chiuda la ricostruzione che Cerruti fa della storia più recente della chimica e nella quale i problemi evocati all’inizio trovano una trattazione insistita. Opera importante, che affronta un periodo assai arduo dello sviluppo della disciplina fino alle soglie della contemporaneità, e costituisce anche un tentativo, riuscito, di superamento della dicotomia ? che si rivela sempre più difficile da sostenere ? fra aspetti ?esterni? (sociali, politici) e aspetti ?interni? (teorici, filosofici, sperimentali) di tale sviluppo. In questo vero e proprio labirinto, qual è il ?filo d’Arianna? che Cerruti sostiene d’aver seguito? La risposta è molto chiara: ?Nella nostra ricerca ci siamo attenuti ad un principio epistemologico definito e rigido, quello che nel primo capitolo abbiamo assunto come fondamentale per la definizione della chimica come unità autonoma? (p. 497), ovvero come ?unità autopoietica? (p. 18) nel senso del modello ecologico di Maturana e Varela. Tale assunto porta Cerruti alla conclusione che, esaminata dal punto di vista macroscopico-microscopico, ?la storia della chimica non inizia prima del primo decennio dell’Ottocento? (p. 467). Anche se l’epistemologia dichiarata assume le sembianze di un metodo storiografico di buon senso ? ?analisi empirica, documentaria, delle procedure conoscitive seguite dagli scienziati nella loro ricerca? (pp. 22-23) ? le conclusioni alle quali essa conduce l’autore sono di una indubbia drasticità, anche assumendo come valido il punto di vista utilizzato come ?reagente? storiografico. In realtà la ricostruzione concreta smentisce in gran parte la traiettoria rigida che Cerruti si è data come suo criterio guida, confermando ancora una volta come la storia reale e le sue ricostruzioni debordino sempre gli schemi che vogliamo loro imporre, se, come nel nostro caso, il narratore è veramente impegnato in un serio e intellettualmente onesto lavoro di scavo su vicende di grande complessità.

Antonio Di Meo