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Luigi Covatta – Menscevichi. I riformisti nella storia dell’Italia repubblicana, prefazione di Luciano Cafagna – 2005

Luigi Covatta
Venezia, Marsilio, pp. 293, euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2005

L’incipit è divertente: l’autore racconta di essere stato interpellato per un’intervista, nel ’94, subito dopo il suo ritiro dalla politica attiva, da una giornalista che in realtà lo aveva scambiato per il comico suo omonimo. Il titolo (Menscevichi) è malinconicamente ironico e allude a una storica sconfitta di cui l’autore (dirigente di primo piano del PSI dopo aver militato nella sinistra cattolica) si sente personalmente partecipe. Eppure il libro non va confuso con le rievocazioni in chiave autobiografica, e spesso recriminatoria, che sempre abbondano all’indomani di ogni passaggio storico di qualche rilievo. I ricordi personali e gli spunti polemici non mancano, soprattutto, com’è ovvio, nella seconda parte (il penultimo capitolo si intitola Memoriale sul craxismo). Ma il grosso del testo è occupato da una serrata e non banale riflessione storica e storiografica (il confronto con la letteratura è puntuale e serrato) sul gran tema della debolezza della sinistra riformista nell’Italia repubblicana: partendo dunque dalla nascita della ?Repubblica dei partiti? per arrivare alla crisi terminale di quel sistema e alla faticosa nascita di uno nuovo, nei confronti del quale l’autore non nasconde il suo scarso entusiasmo.
L’autore individua correttamente le premesse della sconfitta nel nodo delle origini: in particolare nella combinazione fra un sistema politico ? quello nato col CLN e con la ?svolta di Salerno? ? che in sé scoraggiava la nascita di un polo riformista, e le scelte suicide dei socialisti di allora (L’eutanasia dei menscevichi è il titolo del primo capitolo). E a quella assenza ? non surrogata né dall’attivismo dei ?catto-keynesiani?, né dal velleitario ?riformismo illuminista? del centro-sinistra, né dal sovrainvestimento etico e ideologico degli anni della contestazione, né dall’iniziale e illusorio fascino della proposta berlingueriana ? fa risalire la responsabilità di molte delle anomalie e dei malfunzionamenti del modello italiano di sviluppo (i Cambiamenti senza guida di cui si parla nel secondo capitolo: un tema, questo, già analizzato da Scoppola nella sua Repubblica dei partiti).
Impossibile dar conto in poche righe delle molte osservazioni originali contenute in un testo che, in forma problematica e discorsiva, affronta praticamente tutti i nodi di cinquant’anni di storia repubblicana. Si possono però richiamare alcune formule di speciale efficacia (fu la Costituzione a conformarsi al nuovo sistema dei partiti e non viceversa, come dovrebbe accadere nell’?ordine naturale? delle cose; in Italia esiste, a partire dalla nascita di molti organi collegiali negli anni Settanta, una ?grande e articolata? Camera delle corporazioni, ancorché fortunatamente ?senza fasci?). E si possono ricordare le curiosità e le notizie di dettaglio di cui il volume è ricco, nel testo e nelle note. Un solo esempio: chi ricordava che nella conferenza programmatica di Rimini, nel 1982, una delle riforme istituzionali proposte dal PSI di Craxi riguardava proprio l’introduzione della preferenza unica?

Giovanni Sabbatucci