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Luigi Di Lembo – Guerra di classe e lotta umana. L’anarchismo in Italia dal Biennio rosso alla Guerra di Spagna (1919-1939) – 2001

Luigi Di Lembo
Pisa, BFS edizioni, pp. 231, euro 15,49

Anno di pubblicazione: 2001

Non è facile condensare più di venti anni di storia del movimento libertario in poco più di duecento pagine. Luigi Di Lembo ci riesce nel migliore dei modi, ricostruendo la storia dell’anarchismo italiano dal 1915 al ’39. Nonostante il titolo indichi una periodizzazione differente, nella prima parte del saggio, intitolata Guerra, è analizzato l’atteggiamento degli anarchici italiani rispetto al conflitto mondiale: l’antibellicismo dei più, ma anche ? sulla scia dei recenti studi di Maurizio Antonioli ? la fulminea conversione alle ragioni dell’intervento per una minoranza non irrilevante di essi (sino a qualche anno fa un vero e proprio tabù per la storiografia di matrice libertaria). La seconda e la terza parte del libro (intitolate, rispettivamente, Rivoluzione e Controrivoluzione) ne costituiscono il nocciolo. Arrivando fino alle leggi eccezionali, ma mettendo a fuoco il quadriennio 1919-22, l’autore scatta una foto di gruppo del movimento libertario italiano, evidenziandone sensibilità collettive e singole personalità sia nel campo organizzatore sia in quello antiorganizzatore. Attraverso la narrazione degli eventi e l’analisi del dibattito politico, la figura di Malatesta emerge in tutta la sua portata, affiancata da quelle di Armando Borghi, Gigi Damiani, Luigi Fabbri, Ugo Fedeli. Assai appezzabile è la lettura del diciannovismo come fenomeno ribellistico ?irregolare?. Nella quarta e ultima parte del volume (Esilio), è studiata la continuità della presenza libertaria nel periodo della clandestinità: gli ?anni francesi?, i rapporti con Giustizia e Libertà, la prima colonna di antifascisti italiani in Spagna, lo scoppio della seconda guerra mondiale. In tale contesto, è la personalità di Camillo Berneri a spiccare sulle altre delineate (Antonio Cieri, Virgilio Gozzoli, Umberto Marzocchi, Leonida Mastrodicasa, Raffaele Schiavina).
Nel complesso, ci troviamo di fronte a un bel saggio scritto con rigore scientifico e passione. Le pochissime e inevitabili zone d’ombra (sugli Arditi del popolo, ad esempio) sono più che giustificate dall’ampiezza del periodo considerato. Oltre alle fonti bibliografiche, la documentazione utilizzata è costituita da numerosi giornali e da documenti di varia natura (corrispondenza, rapporti di polizia, ecc.) reperiti in vari archivi, tra i quali l’Iisg di Amsterdam e l’Acs. Sebbene l’uso delle fonti sia metodologicamente ineccepibile e a livello interpretativo non si possano ravvisare forzature di sorta (benché vi sia una certa aderenza al modello secondo il quale le classi subalterne sarebbero state sempre ?naturalmente? pronte all’offensiva), la narrazione risente della ?vicinanza? dell’autore al movimento studiato: il registro linguistico utilizzato è, talvolta, di tipo polemico-politico, mentre non mancano espressioni gergali ? ad esempio ?controrivoluzione bolscevica? (p. 111) ? che sarebbe stato meglio spiegare (nel loro significato) più diffusamente di quanto invece fatto, dato che il libro merita veramente di essere letto da cerchie più ampie di quelle degli addetti ai lavori e dei simpatizzanti libertari.

Eros Francescangeli