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Luigi Musella – Napoli. Dall’Unità ad oggi – 2010

Luigi Musella
Roma, Carocci, 175 pp., Euro 15,50

Anno di pubblicazione: 2010

La linea interpretativa adottata da Musella, nell’affrontare il difficile compito di sintetizzare in poche pagine la storia degli ultimi 150 anni di una città come Napoli, è quella di una perenne transizione, mai completata, da città-capitale, «rappresentativa dell’intero Mezzogiorno», a metropoli: «Si potrebbe […] parlare di una città in continua transizione? Forse sì. Le caratteristiche politiche, economiche, culturali, comportamentali ecc. sono, infatti, mutate nel tempo, ma i tratti di fondo sono rimasti gli stessi». Il processo di trasformazione è stato caratterizzato da «continue emergenze: colera, terremoto, leggi speciali, disfunzioni amministrative, camorre. Quasi come se Napoli non potesse vivere nella normalità. Ma è anche vero che la normalità non ha potuto far parte di una città che è dovuta mutare continuamente e che ancora oggi continua a farlo» (p. 9).La storia che l’a. ci racconta è quella di una continua rincorsa alla modernità, i cui esiti tuttavia non compongono un quadro organico che permetta di parlare oggi di città dal respiro europeo (come pure potrebbe essere nella sua vocazione economica, turistica e culturale). L’a. ripercorre rapidamente i momenti salienti di questa rincorsa: la scoperta di Napoli e dei suoi problemi urbani e sociali dopo l’Unità (impressionanti le descrizioni dei fondachi fatte da scrittori e giornalisti); il colera del 1884 (e quello del 1973); i piani di risanamento, sempre in bilico fra attuazione e speculazione; l’emigrazione; la legge sull’incremento industriale di Napoli del 1904, che segna l’inizio dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno. E ancora le due guerre, con i bombardamenti che colpiscono pesantemente la città durante la seconda, e, in epoca repubblicana, il laurismo, il centro-sinistra, il governo del Pci col sindaco Valenzi, il potere di Antonio Gava. Ed Infine la chiusura dell’Italsider di Bagnoli e, dopo «mani pulite», l’esperienza di Bassolino (sul cui declino avremmo voluto una qualche informazione e interpretazione da parte dell’a.), la crisi del Banco di Napoli (che sembra simboleggiare la perdita di influenza dell’intera città nel quadro nazionale) e lo sviluppo della camorra imprenditrice.A conclusione di una lettura a volte poco agevole per un eccesso di nomi (soprattutto di personaggi politici locali), che forse avrebbe potuto essere evitato a favore di una più distesa narrazione dei caratteri sociali della città e di alcuni fenomeni politici caratteristici (là dove vi riesce, come nelle pagine iniziali di descrizione della città post-unitaria, o per Lauro, l’a. raggiunge i risultati migliori del volume), l’impressione che se ne ricava è quello non di immobilismo, ma di continui conati di trasformazione che non raggiungono mai la soglia virtuosa che permetta di dire risolti i vari problemi che di volta in volta si sono posti e sono stati affrontati come emergenze. Colpa evidentemente di una classe politica locale insufficiente, di un ceto imprenditoriale asfittico e continuamente tentato dalle occasioni di speculazione edilizia che i vari piani di risanamento e di sviluppo hanno offerto, di «una struttura sociale e […] cultura politica che rendono difficili e addirittura irrazionali la cooperazione e la solidarietà» (p. 10).

Paolo Pezzino