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L’ultima politica estera. L’Italia e il Medio Oriente alla fine della Prima Repubblica

Luca Riccardi
Soveria Mannelli, Rubbettino, 286 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2014

Costruito per larga parte sulle Carte Andreotti, che si rivelano sempre più una documentazione
di straordinaria importanza per gli studi sulla più recente storia italiana, il
volume di Luca Riccardi ricostruisce efficacemente la politica mediorientale italiana tra la
fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, un periodo caratterizzato, come è noto, dalla
fine dell’ordine bipolare e della Prima Repubblica.
Il paese si trovò a ridefinire il proprio ruolo sulla scena internazionale in un momento
assai difficile della sua vicenda interna e tentò di farlo accentuando al massimo,
fin quasi a snaturarla, la scelta di mediazione e dialogo, che aveva caratterizzato sino ad
allora la sua politica estera. I governi Andreotti VI e VII, con Gianni De Michelis alla
guida della Farnesina, da un lato, si adoperarono per salvaguardare i tradizionali interessi
italiani, spesso legati a equilibri in via di dissolvimento, dall’altro, cercarono di aprirsi ai
nuovi scenari internazionali. Coniugare i due orientamenti, tuttavia, non fu facile e spesso
l’Italia fu l’ultima a mantenere aperto il dialogo con personaggi spinti fuori della scena
politica internazionale dal rapido incalzare degli eventi, come, ad esempio, con Saddam
Hussein, Slobodan Milošević, Siad Barre, Nicolae Ceauşescu.
L’a., cui si devono molti e fondamentali lavori sulla politica mediorientale italiana,
documenta l’azione di mediazione posta in essere dall’Italia di fronte agli sconvolgimenti
in atto in Medio Oriente. Specie in occasione della guerra del Golfo il governo tentò di
coniugare i buoni rapporti con Saddam Hussein, da cui dipendeva buona parte degli approvvigionamenti
petroliferi del paese, e con l’Olp, che appoggiava il leader iracheno, con
la decisione di dichiarare guerra all’Iraq, per cui premevano gli Stati Uniti e a cui spingeva,
del resto, la costante valorizzazione da parte dell’Italia del ruolo dell’Onu.
Andreotti e De Michelis cercarono al tempo stesso di far fronte a grosse difficoltà sul
piano interno, stante la profonda e vasta frattura fra interventisti e non, che attraversava
non solo la società civile, ma gli stessi partiti di governo. La mediazione non ebbe successo,
specie agli occhi dell’alleato maggiore, non solo per i mutati equilibri internazionali,
ma anche a causa della debolezza del paese sul piano militare, e si rivelò controproducente
per l’Italia, che dopo il conflitto si vide messa ai margini nello scacchiere mediorientale.
La guerra del Golfo favorì tuttavia il consolidarsi di un orientamento già presente
nella politica estera italiana, a partire soprattutto dagli anni ’80; da allora l’utilizzo delle
forze armate divenne un’opzione centrale in tale politica e il paese avrebbe sempre più
affidato la valorizzazione del proprio ruolo sulla scena internazionale alla massiccia partecipazione
a missioni umanitarie e di pace, con l’Onu e senza.

Luciano Tosi