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M. Elisabetta Tonizzi – Merci, strutture e lavoro nel porto di Genova tra ‘800 e ‘900 – 2000

M. Elisabetta Tonizzi
Franco Angeli, Milano

Anno di pubblicazione: 2000

Frutto di un lungo impegno di ricerca, il lavoro fornisce una esauriente ricostruzione dell’evoluzione del porto di Genova tra XIX e XX secolo. Da rilevare l’attenzione prestata, oltre che ai sistemi di infrastrutturazione e i movimenti dei traffici, terreni privilegiati della storia portuale, al governo del porto ed all’organizzazione complessiva del lavoro che si svolge al suo interno. Su questi aspetti, molto trascurati dalla ricerca storica, l’autrice offre gli spunti di riflessione più interessanti, assumendo a ragione le soluzioni istituzionali adottate per il funzionamento del più grande porto italiano come aspetti sostanziali delle sue funzioni economiche. D’altronde, nel caso di Genova, questa prospettiva di ricerca si dimostra inevitabile, in considerazione dell’autonomia gestionale affidata al Consorzio Autonomo del Porto. L’istituzione, pensata in funzione del ruolo sempre più importante svolto dal porto ligure nel rifornimento delle materie prime necessarie a sostenere lo sforzo industriale delle aree più dinamiche del nostro paese, regolamenta la gestione della manodopera portuale, proponendosi come il laboratorio per la sperimentazione della mediazione dei conflitti di lavoro attraverso la cooperazione tra un gruppo dirigente illuminato ed il movimento operaio organizzato. Ricostruiti questi passaggi attraverso soprattutto la trasformazione del sistema di facchinaggio da una struttura a libera concorrenza, sottoposta al potere del ceto mercantile, in una più organizzata e fortemente sindacalizzata attività a base cooperativa, si dimostra l’essenzialità del disciplinamento del lavoro nel porto a sostegno di una attività economica che non trova risposte adeguate nell’opera di modernizzazione ed infrastrutturazione del porto stesso. Su questo versante Tonizzi sottolinea costantemente l’insufficienza di una politica di lavori pubblici non in grado di recepire le sollecitazioni che si riversano sul porto di Genova per la sua funzione strategica rispetto alla qualità e alla localizzazione geografica dello sviluppo industriale italiano.
Giocata sulla contrapposizione tra l’inefficienza e la ristrettezza dell’intervento pubblico e la prodigalità di quello privato – affidato al mecenatismo “produttivo” del Duca di Galliera che con la sua cospicua donazione di 20 milioni, tra il 1875 ed il 1888, favorisce una positiva, e purtroppo episodica, fase di modernizzazione dello scalo ligure -, questa parte della ricerca risente però di uno stereotipo “rivendicazionista” rispetto alla qualità e alla quantità dell’investimento pubblico. Sarebbe stato opportuno, come la stessa autrice rileva incidentalmente, approfondire tali argomenti non soltanto in relazione al partenariato, assegnato nell’ambito delle politiche portuali, agli enti locali, ma soprattutto al legame che si costruisce tra le attività interne del porto e lo stesso sviluppo industriale del capoluogo ligure, soppesando in modo specifico le attitudini all’investimento nel settore marittimo portuale degli imprenditori locali.

Giuseppe Moricola