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Marcella Emiliani – Petrolio, forze armate e democrazia. Il caso della Nigeria – 2004

Marcella Emiliani
Roma, Carocci, pp. 360, euro 25,40

Anno di pubblicazione: 2004

Per la sua importanza nelle vicende contemporanee dell’Africa è giustificato uno studio dei processi politici della Nigeria dopo l’indipendenza. Il libro di Marcella Emiliani, peraltro, è tutto centrato sugli sviluppi interni. Né politica regionale, se non per rari accenni, né politica internazionale, salvo ricordare l’isolamento della Nigeria provocato dal degrado politico-istituzionale intervenuto con l’ultimo presidente militare, il generale Abacha.
L’attenzione è rivolta soprattutto al ripristino di un sistema rappresentativo fra il colpo di Stato del 1985 e l’insediamento nel 1999 di un presidente eletto, del resto un ex militare. Le parole che tornano più spesso sono golpe (un termine forse non adattissimo per il contesto africano) e transizione. Se il libro si proponeva di ricostruire i tanti episodi di violenza istituzionale, l’instabilità, il difficile funzionamento della politica, il risultato è stato raggiunto, a costo di una scrittura a tratti faticosa, perché il libro è una miniera di informazioni sui colpi di Stato realizzati, tentati o sventati, come sui turni elettorali e fornisce tutti i nomi e cognomi dei protagonisti individuali o corporati di una tenzone così estenuante per il potere (e le risorse). Ma se voleva trovare qualche bandolo a livello di infrastruttura o struttura, il bilancio è meno persuasivo. La conclusione delle conclusioni, in effetti, è la denuncia di carenza di leadership come causa primaria di tutti i travagli e di tutti i fallimenti. Una diagnosi, questa, formulata da Chinua Achebe nel 1983 e da allora spesso ripetuta, non si sa se per comodità o per alibi. A giudicare da ciò che è successo in Nigeria dal 1960 in poi è ovvio che il gruppo dirigente non ha brillato per efficienza e rigore. Resta il fatto che la Nigeria ha prodotto un premio Nobel, narratori e saggisti di livello internazionale, università prestigiose nel Nord come nel Sud, un candidato papa e un vip autorevole della politica africana come Olusegun Obasanjo, il presidente in carica.
A parte la mancanza di ogni spessore storico (il solo passato considerato, e anch’esso fugacemente, è il passato coloniale), con una diversa impostazione ? più sintesi che analisi e una più equilibrata valutazione della lunga durata (l’Islam) ma anche della portata degli ultimi avvenimenti (perché tanta trascuratezza per la guerra del Biafra?) ? potevano emergere di più i clivages propriamente politici, che sono poi quelli che interessano l’Emiliani. Anche il suo giudizio fortemente critico per la moltiplicazione delle unità che compongono una federazione che era nata con tre Stati membri e che adesso ne conta 36, benché adeguatamente motivato, è contraddetto dalla constatazione della stessa autrice che la frammentazione, se ha complicato la gestione dei rapporti fra ?indigeni? e ?non indigeni? nei vari Stati, ha sdrammatizzato lo scontro etnico in sé. Nel complesso, un libro insolito per il panorama dell’africanistica italiana, dove anche la politologia si sofferma più spesso su problemi trasversali (le guerre, lo sviluppo, la crisi dello Stato, ecc.) piuttosto che, come in questo caso, mettere a fuoco un singolo paese.

Giampaolo Calchi Novati