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Marco Allegra – Palestinesi. Storia e identità di un popolo – 2010

Marco Allegra
Roma, Carocci, 149 pp., € 17,00

Anno di pubblicazione: 2010

Il volume costituisce la prima sintesi in italiano dedicata alla storia del popolo palestinese dalla fine dell’800 ai nostri giorni. Si tratta di un libro approfondito, dettagliato e ben scritto, il cui principale merito consiste nell’equilibrio dimostrato dall’a. nell’affrontare temi controversi tanto da un punto di vista storico quanto politico.La prima parte del volume affronta la delicata questione dell’identità palestinese, riguardo alla quale l’a. concorda con gli studiosi Kimmerling, Migdal, Khalidi che collocano la nascita e la progressiva definizione del nazionalismo palestinese nei decenni che vanno dalla fine dell’800 fino al mandato inglese (1922-48). Equilibrate sono anche le pagine relative ad un secondo snodo storico e politico – la nakba (catastrofe) del 1948 e la nascita del problema dei profughi palestinesi – in riferimento al quale l’a. presenta le diverse posizioni storiografiche esistenti, aderendo all’interpretazione dei «nuovi storici israeliani». Il volume prosegue poi in modo convincente con la narrazione degli eventi successivi alla nascita di Israele: la disfatta araba del 1967 e «la riunificazione della Palestina»; la nascita e gli sviluppi dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) e di Fatah, la sua componente maggioritaria; la lenta affermazione dei palestinesi come principale soggetto politico del conflitto accanto a Israele; «il processo di Oslo» e il suo fallimento; gli avvenimenti più recenti, «dalla Seconda Intifada all’operazione Piombo Fuso».Vi sono, tuttavia, due questioni che l’a. ha solo marginalmente affrontato e che avrebbero meritato una riflessione più approfondita. Per quanto concerne il mandato britannico, il ricorso alla categoria di relational history di Zachary Lockman avrebbe permesso all’a. di mettere maggiormente in luce, grazie ad un confronto tra comunità ebraica e araba, i limiti che caratterizzarono l’azione degli arabi palestinesi nell’utilizzare le opportunità che il mandato forniva loro. La comunità araba, infatti, differentemente da quanto sapientemente riuscì a fare quella ebraica, non fu in grado di creare una rete di attività culturali, educative e sanitarie che l’avrebbero resa più coesa anche dal punto di vista politico nel momento determinante dello scontro con la comunità ebraica, la guerra del 1948. Allo stesso modo, l’a. tralascia di mettere in rilievo un elemento importante, la responsabilità di Israele nella crescita dei gruppi islamisti che nel 1987 diedero vita a Hamas. Il governo israeliano non si rese conto negli anni ’70 e ’80 che favorire – come fece – lo sviluppo delle associazioni caritatevoli islamiste, oltre a mettere in difficoltà l’Olp, avrebbe finito per creare di lì a poco un interlocutore/nemico assai più intransigente di quanto non fosse il movimento di Arafat.Alcune imprecisioni – Hadash non si può definire un partito «palestinese» (p. 102), sebbene i suoi elettori siano in maggioranza arabi, e non è a favore di uno Stato bi-nazionale – non inficiano un lavoro che è comunque assai valido e merita di essere segnalato rispetto a tanto materiale scadente e fazioso pubblicato sovente sul conflitto israelo-palestinese.

Arturo Marzano