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Marco Ciardi – Amedeo Avogadro. Una politica per la scienza – 2006

Marco Ciardi
Roma, Carocci, 136 pp., euro 14,60

Anno di pubblicazione: 2006

Una biografia agile, scritta «in una forma che non risult[a] esclusivamente dedicata al mondo accademico» (p. 9), rievoca nel centocinquantenario della morte la figura di Amedeo Avogadro di Quaregna (1776-1856). Una figura che ha patito scarsa considerazione da parte degli storici della scienza a dispetto dei molti servigi resi alla fisica e alla chimica ottocentesche. Ciardi, docente di Storia della scienza e della tecnica a Bologna, ha dedicato ad Avogadro e alla scienza della sua epoca diversi lavori (tra i quali L’atomo fantasma, Firenze, L.S. Olschki, 1995); mentre con altre ricerche ha fatto luce sul contesto delle istituzioni scientifiche nel Piemonte risorgimentale (La fine dei privilegi, Firenze, L.S. Olschki, 1999). In questa biografia la vicenda del protagonista si intreccia sia alla puntuale ricostruzione del dibattito scientifico internazionale, che a una sintetica ma chiara descrizione del clima culturale che accompagnò la transizione dall’età francese alla restaurazione sabauda prima, alla stagione del riformismo albertino poi. Avogadro, figlio di un aristocratico giurista che fu uomo di punta dell’establishment napoleonico, si laureò in legge e, come tanti scienziati di quella generazione, coltivò la sua vocazione al di fuori delle filiere formalizzate. Le prime memorie di elettrologia gli valsero l’attenzione di Prospero Balbo, uno dei più lungimiranti patron del tempo, che nel 1806 gli procurò un incarico presso il Collegio delle Provincie e nel 1809 gli fece avere la cattedra di fisica nel Liceo di Vercelli. Avogadro rientrò nella capitale nel 1819, quando l’Accademia delle scienze ? roccaforte della ricerca sperimentale e dell’innovazione contrapposta ad un’Università misoneista ? lo chiamò a dirigere il suo laboratorio fisico. Dei contatti neppure troppo stretti con alcuni protagonisti del Ventuno, però, gli costarono qualche anno dopo la rimozione e il trasferimento presso gli uffici legali. Avogadro tornò all’insegnamento superiore solo nel 1834. Ad una carriera tanto accidentata facevano contrasto la brillante reputazione acquisita in campo internazionale, e il continuo impegno a pro del connubio tra scienza e industria e per la riforma universitaria. Ciardi si sofferma sui fattori che ritardavano la professionalizzazione della ricerca e il consolidamento delle comunità specialistiche. Le pregiudiziali di ordine politico che avevano ispirato la cancellazione dell’eredità francese perdurarono fino al Quarantotto; ma erano notevoli pure una mentalità ostile alla diffusione della cultura scientifica, e l’incapacità delle istituzioni ? nonostante la presenza di alcuni intraprendenti novatori ? di imboccare con sicurezza la strada della modernità. La biografia si chiude sulla questione dell’Eredità di Avogadro, delineando un bilancio critico di lungo periodo. Nel Risorgimento i portavoce della fisica, della chimica e delle scienze naturali avevano reclamato una riforma profonda della cultura nazionale. Dopo l’Unità, le filiere scientifiche furono oggetto di attenzione da parte del legislatore, ma in una angusta prospettiva utilitaristica che non contribuiva a valorizzare «[l’] immagine globale della scienza, [il] suo significato e [le] sue possibilità conoscitive rispetto ad altri campi del sapere» (p. 130).

Maria Pia Casalena