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Marco Gioannini e Giulio Massobrio – Marengo. La battaglia che creò il mito di Napoleone, Introduzione di David G. Chandler – 2000

Marco Gioannini e Giulio Massobrio
Rizzoli, Milano

Anno di pubblicazione: 2000

È curioso, ma non casuale, che almeno un paio di libri dedicati recentemente al periodo napoleonico siano usciti con una struttura narrativa simile: la simulazione di un diario, l’uno in prima, l’altro in terza persona. In Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo (Milano, Mondadori, 1995) Alessandro Barbero si spogliava, per così dire, degli abiti curiali del dotto medievista per tentare un divertissement letterario e uno sconfinamento d’epoca rispetto ai suoi più stretti interessi professionali. E il mercato editoriale sembra aver dato ragione alla sua scommessa.
Da una scommessa, in fondo, nasce anche questo libro, scritto a quattro mani da due autori uniti da una comune passione per le vicende d’età napoleonica. La loro attenzione per gli aspetti tecnici della battaglia è evidente, pur restando in sottofondo nelle pagine del libro, che è volto, piuttosto, a tratteggiare il dipanarsi dell’attesa, dello svolgimento e dell’epilogo della battaglia, entro un arco cronologico di diciassette giorni (8-25 giugno 1800), e in uno spazio geografico ristretto (Genova, Milano, Voghera e i dintorni di Alessandria, facendo centro su Marengo).
Il volume merita di essere segnalato per una sua scelta, più comune all’estero che in Italia, dove può far riflettere anche dal punto di vista metodologico: fare una storia militare di una battaglia “dal basso”.
La scelta di dar rilievo a una molteplicità di soggetti, in prevalenza uomini comuni, militari e civili, ciascuno dei quali con una propria vicenda personale e un proprio outillage mental, ha comportato una decisione netta: prescindere “quanto più possibile dal senno di poi, e cioè dall’esito finale della battaglia e delle sue conseguenze sulla politica delle nazioni, oltre che sulle sorti dei protagonisti” (p. 11). Il “punto focale” e, insieme, l’oggetto della sfida era proprio restituire, in qualche modo, lo scarto tra la “consapevolezza dei fatti nel momento in cui li si vive e, per contro, nel momento in cui li si descrive interpretandoli” (p. 15).
Questo secondo punto di vista è stato oggetto di una storiografia relativamente nutrita, sensibile al fatto che Napoleone, per primo, cominciò a costruire la leggenda di Marengo (in tal senso, uno dei tanti saggi di David Chandler e gli atti del congresso internazionale svoltosi ad Alessandria nel giugno 1997, avevano offerto importanti spunti). Sia pur in un’opera per il largo pubblico, il giudizio storico emerge: un apparato di note avrebbe inevitabilmente appesantito la natura del libro, le cui licenze narrative “nel tratteggiare i sentimenti e i moti dello spirito attribuiti ai personaggi” (p. 16) possono deludere lo storico di mestiere, portato a cercare più agganci con il contesto.

Paola Bianchi