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Marco Minghetti. Il liberalismo e l’Europa

Raffaella Gherardi
Brescia, Morcelliana, 252 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2015

Marco Minghetti è figura centrale nella produzione scientifica di Raffaella Gherardi,
che ha seguito con costanza e dedizione la «pista» indicata da Nicola Matteucci per valorizzare
il pensiero politico dello statista bolognese (p. 5). Questo nuovo libro riprende
dunque le fila di un discorso avviato trent’anni fa per il centenario della nascita di Minghetti,
portato a maturazione con L’arte del compromesso (Bologna 1993) e proseguito
con approfondimenti progressivi fino agli anni più recenti (si veda la bibliografia, pp.
243-246).
Suddiviso in quattro capitoli, il volume si apre con un’analisi delle tre «grandi opere»
di Minghetti (Economia pubblica, Stato e Chiesa e I partiti politici) e di due «ultimi più
organici interventi» (p. 78) su temi cruciali sia per l’aspetto teorico che per quello politico
(La legislazione sociale e Il cittadino e lo Stato). Nel secondo capitolo gli assi portanti della
riflessione di Minghetti sono vagliati alla luce di scritti e discorsi più propriamente politici
(interventi parlamentari, discorsi elettorali, articoli su riviste). Il terzo capitolo affronta
la questione finanze, la cui equilibrata gestione, sostiene Minghetti, ha un ruolo chiave
come deterrente contro il rischio di «rivoluzioni luride e sanguinose» (p. 159). Il quarto
illustra la prospettiva di un nuovo ordine internazionale da fondare sui princìpi di un
beninteso liberalismo coniugato con un pragmatico riformismo politico e sociale.
Nella riflessione dello statista bolognese è costante la preoccupazione di mantenersi
distante, in economia come in politica, da ogni radicalismo: le astrattezze della scienza
pura vanno temperate da una giusta dose di empirismo; il liberalismo dottrinario deve farsi
moderno contemplando, dove ci vuole, un sano interventismo riformatore; l’egualitarismo
oltranzista, che «vuole sorgere sulle rovine delle classi superiori», deve cedere il campo a un
concetto di democrazia rispettoso del ruolo delle élite politiche e culturali nell’«elevare il popolo,
nobilitarlo, erudire il suo intelletto» (p. 142). Va notato tuttavia che nel seguire questo
«principio di proporzione» – «delle condizioni economiche fra loro e colle condizioni morali
della società» (p. 208) – Minghetti, come tutti i teorici del giusto mezzo, tende ad attribuirsi
la facoltà di fissare e definire gli estremi rispetto ai quali quel giusto mezzo va individuato.
Obiettivo dichiarato dell’a. è rintracciare le linee di un pensiero politico originale e
organico, elaborato per progressivi affinamenti dagli scritti giovanili degli anni ’40 fino
alle opere della maturità, con una coerenza non intaccata dagli avvenimenti e dalle trasformazioni
istituzionali, politiche e culturali di quel quarantennio. Un pensiero politico
che avrebbe la virtù, secondo l’a., di offrire ancor oggi chiavi di lettura «interessanti anche
per l’analisi economica» e utili per decifrare «la politica contemporanea, e nella fattispecie
del presente di casa nostra» (pp. 231-232).
Resta da lamentare che le ampie citazioni, il continuo ricorso a incisi e parentesi, le
lunghe note inserite a interrompere il testo e i troppi refusi rendono la lettura piuttosto
faticosa.

Alfio Signorelli