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Marco Philopat – Lumi di punk. La scena italiana raccontata dai protagonisti – 2006

Marco Philopat
Milano, Agenzia X, 235 pp., euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2006

Lumi di punk è una collezione di testimonianze e brevi scritti autobiografici di alcuni esponenti delle prime generazioni punk o punkanarchiche (come si definì nei primi ’80 la «scena » più politicizzata del punk italiano). Nonostante il paradosso che fece dell’urlo punk «no future!» un emblema politico ed esistenziale, oggi sono sempre più numerose le voci autobiografiche disponibili per una storia delle culture e dei movimenti giovanili post-’70. Il volume è frutto del lavoro di raccolta e curatela di Marco Philopat, egli stesso protagonista del punk degli ’80, nonché scrittore, «agitatore culturale» e operatore dell’editoria indipendente. L’occasione è stata fornita dalla mostra-evento «Beat Hippy Autonomi Punk», che ha percorso tra il 2005 e il 2006 molte città italiane, dedicata alle controculture e ai loro intrecci con i movimenti sociali degli ultimi trent’anni. Il testo pubblicato raccoglie trascrizioni e rifacimenti degli interventi svolti durante le presentazioni, insieme a testi autobiografici scritti ad hoc. Viene così in luce un dialogo intersoggettivo sulla memoria ed il significato di un’esperienza collettiva, vissuta con continuità tra la fine dei ’70 e il decennio successivo. Su questa scia, il curatore presenta il testo come una sorta di «seminario creativo itinerante sulle dinamiche culturali, sociali, politiche ed esistenziali che il punk ha innescato a partire dalla metà degli anni Settanta» (p. 6). La tesi presentata è netta: da una parte, il punk avrebbe inscenato una rappresentazione della sconfitta dei movimenti sociali di fine ’70; mentre dall’altra avrebbe contribuito, in alcuni circuiti dell’attivismo, ad una rielaborazione della crisi, ed in qualche misura ad un suo superamento, nell’itinerario sviluppato negli ’80 attraverso i «centri sociali autogestiti» e l’«autoproduzione» culturale. Gli interventi, nella loro varietà, mostrano posizioni e percorsi personali anche assai diversi, specie in rapporto alla grande varietà delle forme di politicizzazione del punk italiano (poste in relazione, o meno, alle esperienze militanti di area autonoma, e differenti a seconda della generazione dei protagonisti e dell’importanza attribuita alle pratiche musicali). Nel complesso, il volume mantiene aperta la tensione positiva (e l’ambivalenza) che nel punk si articolò tra «scena» culturale e «movimento» sociale, tra «attitudine» e «militanza». Al di là della parzialità e non neutralità degli sguardi proposti, questi offrono almeno tre importanti chiavi di accesso per lo studio dei movimenti giovanili post-’70: l’apparire di nuove forme di politicizzazione dei giovani fondate sulle pratiche culturali; il loro rapporto competitivo e antagonista con il mercato della cultura, dei media e del consumo; e fonti inedite per l’«immaginazione » e la soggettività dei giovani (dai viaggi di formazione a Londra e Berlino, al rapporto con le «tradizioni» militanti dei ’70, fino al ricco inventario mediale a cui attingere, sia mainstream sia indipendente). Ne emerge il racconto di un’esperienza innovativa rispetto ai movimenti precedenti, nei confronti dei quali appare una irrisolta, complessa e creativa rete di collegamenti.

Beppe De Sario