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Marco Sagrestani – Francesco Cocco Ortu. Un protagonista dell’Italia liberale – 2003

Marco Sagrestani
Firenze, Polistampa, pp. 126, euro 14,00

Anno di pubblicazione: 2003

La scarsa conoscenza dei personaggi della democrazia liberale dell’inizio del Novecento è un elemento su cui si dovrebbe riflettere maggiormente, soprattutto in una nazione ? l’Italia ? in cui l’avvento del fascismo al potere è stato troppo poco analizzato e concettualizzato nei termini di una crisi del liberalismo e della democrazia e in cui troppo poco si è riflettuto dell’impatto del fascismo sulla classe dirigente liberale.
Questo piccolo lavoro biografico su Francesco Cocco Ortu (1842-1929) è il segno positivo di un’attenzione che non dovrebbe limitarsi alla costruzione di singoli profili biografici, e alla pubblicazione di fonti (auspicabili e importanti, come nel caso delle Memorie di Cocco che l’autore menziona come in via di pubblicazione), ma alla riconcettualizzazione di un problema.
L’autore ricostruisce in modo piano la vicenda biografica di Cocco Ortu. Cresciuto in una famiglia dove si coltivava la memoria del Risorgimento, Cocco Ortu dopo una laurea in giurisprudenza si avviò subito alla carriera politica (non senza un piccolo passaggio nel giornalismo: ma cosa scriveva in quegli anni?), diventando sindaco di Cagliari a partire dal 1868 e fino al 1889. Nel 1876 muoveva i suoi primi passi nell’ambito della Sinistra zanardelliana nella politica nazionale, un’arena che non avrebbe più lasciato fino alla sconfitta elettorale del 1924, quando si candidò con l’opposizione costituzionale di Amendola. Nel mezzo la vita politica di Cocco Ortu si svolge attraverso praticamente tutta la storia politica dell’Italia liberale e in ruoli di primaria importanza, spesso all’interno della compagine governativa (di cui fece parte per la prima volta nel 1877 quale segretario generale del Ministero dell’Agricoltura).
Di particolare interesse il ruolo di Cocco Ortu nell’ultima fase dello Stato liberale, quando il politico liberale si rifiuta di entrare negli ultimi due governi di Luigi Facta, proprio sulla base di una intransigenza politica che gli rendeva inammissibile il non scioglimento delle formazioni militari fasciste. La sua riflessione sullo Stato liberale, come ci è consegnata da Sagrestani, presenta notevoli punti di interesse soprattutto per l’insolita intransigenza e le scarse concessioni al trasformismo in questa fase di questo uomo politico.
Per concludere, si vorrebbe solo sottolineare che sarebbe stato auspicabile l’utilizzo di una maggiore quantità di fonti, e soprattutto di fonti altre rispetto a quelle autobiografiche, per ricostruire in maniera più completa l’itinerario di questo uomo politico.

Giulia Albanese