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Marco Tarchi – Fascismo: teorie, interpretazioni e modelli – 2003

Marco Tarchi
Roma-Bari, Laterza, pp. 190, euro 9,50

Anno di pubblicazione: 2003

Tarchi ha già pubblicato uno studio sulla crisi della democrazia in Italia e Germania (La ?rivoluzione legale?, Il Mulino, Bologna, 1993) che mi sembra non aver ricevuto l’attenzione che meritava nonché parecchi studi sulla destra e il neofascismo dopo il 1945. Il suo nuovo libro non è uno studio della storiografia sul fascismo, ma è strettamente limitato all’esame degli studi comparativi e teorici del fenomeno. Tarchi ha un’ampia conoscenza della letteratura in proposito e ne dà una rassegna puntuale e precisa. Anche se il campo preso in esame è già sufficientemente vasto, forse qualche contributo di storici che non hanno formulato una vera e propria ?teoria? del fascismo andava notato per la sua pregnanza interpretativa generale: per citarne solo uno, l’articolo di Tim Mason sul ?primato della politica? nella Germania nazista.
Il secondo capitolo prende in esame i primi tentativi di una seria analisi comparativa del fenomeno fascista, tra cui quella, ingiustamente dimenticata, di Henri Lemaitre (Les fascismes dans l’histoire, 1959), che ha messo in evidenza il nesso partito-milizia e l’autarchia come caratteri costitutivi. Tarchi nota come dai più noti studi di Eugen Weber e di Ernst Nolte emergono descrizioni del fascismo che sono radicalmente incompatibili.
Alla fine Tarchi offre la sua ?definizione essenziale?, ma anche questa mi sembra aperta a qualche obiezione. Mi sembra alquanto sorprendente il rifiuto di considerare l’ideologia come un elemento costitutivo di questa definizione. Che i movimenti fascisti offrano la base migliore per una comparazione è senz’altro vero, ma i tratti che Tarchi elenca come essenziali sono in realtà quasi tutti legati all’ideologia, (per esempio l’ambizione a ?sradicare il conflitto di classe?, o l’affermazione del ?primato della politica sull’economia?), e non hanno una base empirica fuorché negli studi dei diversi tipi di testi ?ideologici? prodotti dai loro membri e simpatizzanti. Invece sono assenti dalla sua definizione proprio quei caratteri strutturali dei movimenti (il ?partito-milizia? di Duverger e di Emilio Gentile, il culto del capo, l’integrazione rituale) che altri studiosi hanno identificato.
Due commenti conclusivi.
1. Le varie definizioni del fascismo riportate da Tarchi, compresa la sua, sono spesso utili e in larga misura convergenti, ma tutte si risolvono in un elenco di ?punti? o ?tratti?. Sarebbe un passo avanti spiegare come questi vari tratti sono legati tra di loro, quale legame esiste per esempio tra l’esaltazione della violenza e il ruolo delle élites, oppure tra il regime monopartitico e il sistema corporativo. Solo in questo modo si può garantire che la definizione abbia una coesione logica.
2. Per una migliore e più precisa conoscenza dei movimenti fascisti e dei loro progetti, occorrerebbe anche per la ricerca sul fascismo una ?svolta linguistica?.

Adrian Lyttelton