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Maria Antonietta Trasforini – Nel segno delle artiste. Donne, professioni d’arte e modernità – 2007

Maria Antonietta Trasforini
Bologna, il Mulino, 204 pp., Euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2007

Riprendendo una nota provocazione lanciata da Linda Nochlin negli anni ’70 – «Perché non ci sono grandi artiste?» – Maria Antonietta Trasforini ripercorre la questione del genere nella creazione artistica e nei mondi dell’arte a partire da una serie di domande formulate e discusse nell’ambito della cosiddetta «nuova storia dell’arte»: perché e in che modo le artiste sono state rimosse dalla storia? Cosa hanno prodotto nei secoli e come hanno espresso il proprio talento? Quali condizioni materiali, sociali e culturali ne hanno limitato il percorso? Quali forme del potere hanno loro impedito la strada del professionismo? E, ancora: quanto il genere ha determinato, oltre alla loro vicenda, quella più complessa del sapere disciplinare che va sotto il nome di Storia dell’arte?Grazie alle sollecitazioni degli studi culturali e dei feminist studies, negli ultimi trent’anni queste domande sono state al centro di un dibattito volto non solo a recuperare le artiste alla storia, indicandone talento e produttività, ma anche a decostruire il canone di quella disciplina (la storia dell’arte, appunto) che nel tempo ha definito l’arte, le gerarchie artistiche, l’«essenza» dell’artista, la categoria del genio, la distinzione tra dilettantismo e professionismo ecc. Tutte nozioni declinate al maschile o improntate ad una severa e rigida differenza di genere. La tensione a ricercare ragioni e modalità dell’esclusione delle donne dai mondi dell’arte ha mostrato come discorsi e pratiche abbiano nei secoli creato molti ostacoli alla partecipazione delle donne alla creazione artistica, e come l’arte abbia costituito uno spazio sociale, un campo simbolico e disciplinare prettamente e perentoriamente maschile.Sociologa da anni impegnata nell’indagine del genere nell’arte, Trasforini riannoda i fili del dibattito con quelli di una letteratura ricca e ormai consolidata (nel mondo anglofono) sull’800, secolo che più di altri vide il crescere del numero delle donne impegnate nell’arte e la loro contemporanea, progressiva marginalizzazione. Fu infatti allora che le donne reclamarono riconoscimento e visibilità per il proprio lavoro, relegato ad attività secondaria, amatoriale, non degna dell’attenzione degli artisti professionisti, né di quelle nuove figure che attraversavano, dominandolo, il settore: il gallerista e il critico d’arte. L’accesso a scuole e accademie, l’apertura di nuovi atelier, la possibilità di fruire dell’insegnamento del nudo e di partecipare a gare e competizioni, più in generale, la parità nelle condizione di promozione del talento divennero la richiesta principale che molte inoltrarono con la mediazione del femminismo, utile a conquistare una «stanza per sé» in un mondo che spingeva molte al travestitismo, al separatismo, alla mobilità geografica per poter esercitare la propria professione. I risultati della richiesta furono pochi se anche a Berthe Morisot, figura centrale nella nascita dell’impressionismo, venne disconosciuta la natura della propria professione una volta morta.Chiara e stimolante panoramica degli studi, il libro offre spunti e idee a chi volesse cimentarsi con un tema che la storiografia italiana continua ad ignorare.

Simona Troilo