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Maria Casalini – Le donne della sinistra (1944-1948) – 2005

Maria Casalini
Roma, Carocci, pp. 263, euro 23,90

Anno di pubblicazione: 2005

Nel pur eterogeneo panorama di studi di storia delle donne, il bel libro di Maria Casalini dimostra come si possano superare gli steccati della storia di genere per affrontare il ruolo delle donne della sinistra all’interno di una dinamica molto più ampia, capace di far interagire il piano politico, qui volutamente considerato nella sua centralità, con quello più prettamente sociale, di costume e di mentalità. Nelle numerose sollecitazioni prodotte dallo studio, emerge infatti un doppio binario nel quale inserire il profilo delle donne ?progressiste? nel quinquennio che va dagli ultimi scorci di guerra alle elezioni politiche del ’48: da una parte il ruolo politico e l’impegno delle stesse nella costruzione dell’identità femminile, dall’altra la rappresentazione che ne viene fatta dai partiti (e non solo), incapace spesso di recepirne la reale portata.
Dentro questo percorso parallelo ma unitario, si dipana la ricerca di Maria Casalini, non nuova a studi incrociati di storia politica e sociale, a cominciare dalla biografia di Anna Kuliscioff tratteggiata fra politica e vissuto, e ai saggi sulla storia delle donne e del movimento operaio. Il risultato è un viaggio dentro un ?protagonismo? femminile, a parole incoraggiato dai partiti, ma nei fatti negato quando esula dai tradizionali campi dell’associazionismo e dell’assistenza. L’asse portante della ricerca sta nel mettere in evidenza ?forzature e false rappresentazioni? (p. 11) da parte dei partiti che, dietro il concetto di emancipazione, nascondono immagini di donne che non corrispondono alla realtà delle volontà femminili. Anche se non è possibile né tanto meno legittimo parlare di uniformità delle donne della sinistra, è lecito ipotizzare che anche le figure più mature e politicizzate dell’universo femminile riflettono il distacco dai partiti coincidente spesso con il ritardo delle classi dirigenti (in gran parte maschili) a comprendere e accettare i bisogni di cambiamento. Dallo scrupoloso spoglio e conseguente analisi di un periodico come «Noi donne», Maria Casalini fa discendere il ritratto di militanti che non accettano pedissequamente le regole del partito, ma aspirano a modelli di vita alternativi, talvolta entrando nel tanto vituperato sogno americano per respingere invece l’idillio del costume sovietico. L’autrice si sofferma sulla considerazione avanzata nel ’47 da Marisa Musu che su «Vie Nuove» scrive che anche le donne comuniste ?sognano il principe azzurro? e amano i fotoromanzi (p. 173). Da lì occorre partire per cercare di capire l’ambiguità e nello stesso tempo la modernità dei messaggi che giustificano il bisogno di libertà e trasgressione, pur all’interno di una logica di denuncia delle disparità sociali e di salvaguardia della famiglia morale di gramsciana memoria. Un approccio che ben inquadra le contraddizioni, identitarie e storiche, delle donne uscite dall’esperienza lacerante della guerra, in continua oscillazione fra l’affidare il primato alla lavoratrice, alla madre, alla donna di casa, ma pure alla donna che vota e rivendica i propri diritti di cittadinanza politica.

Anna Tonelli