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Maria Cecilia Calabri – Il costante piacere di vivere. Vita di Giaime Pintor – 2007

Maria Cecilia Calabri
Torino, Utet, XXIII-639 pp., Euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2007

Fondata su una ricca documentazione proveniente dal Fondo Fortunato Pintor, all’Archivio Centrale dello Stato, dalla corrispondenza che Giaime Pintor aveva intrattenuto con diverse persone, oltre, naturalmente, che dai sui appunti biografici, la densa e voluminosa biografia di Giaime Pintor ha molti meriti. I primi sono certo un rigoroso allineamento della documentazione e l’acribia che caratterizzano la selezione e l’utilizzo di materiali diversi. Si può dire che l’a. colma quasi tutti gli spazi vuoti che Pintor aveva l’abitudine di lasciare nelle pagine del suo diario. Altro pregio è quello di aver resistito alla tentazione di fare di Pintor l’icona resistenziale che in tutti gli altri lavori ha schiacciato la sua vicenda personale, letta, teleologicamente, come una lunga fase di avvicinamento al suo destino ultimo. Contrariamente al personaggio vagamente astratto disegnato nel 1978 da Mirella Serri, dalle pagine di Calabri emerge l’immagine viva di un giovane culturalmente indipendente, studente liceale e poi universitario poco interessato, ma impegnato in un personale programma di studi. Autodidatta, ma senza dilettantismi a Pintor può capitare di scoprirsi apprezzato traduttore dal tedesco senza essere in grado di parlare la lingua. Ma è proprio questa irregolarità che fa di lui un intellettuale a tutto tondo, interessato alla letteratura, ma contemporaneamente al cinema, alla musica, al teatro. Rappresenta bene il Pintor di Calabri l’esponente di una generazione, come ella dice, senza maestri. Proprio la capacità di cogliere la sua dimensione generazionale dà spessore e cifra specifica all’esame della maturazione politica di Pintor. È evidente la distanza che separava Giaime dallo zio Fortunato, per altro figura assai singolare, come dai personaggi chiave del dibattito politico culturale del ventennio che ne frequentavano la casa: Gentile, cui Fortunato Pintor era profondamente devoto, Volpe, Croce, Marpicati. La misura di questa distanza generazionale è evidente nel giudizio icastico che Giaime dà di Croce nel 1941: «Ragiona forse con troppa semplicità e con la sicurezza dei vecchi. Rigido nel giudizio politico» (p. 35). E dall’altro lato la rete di un universo giovanile costruita in occasioni e in situazioni diverse della sua esperienza: Lucio Lombardo Radice (figlio di un amico dello zio), Mischa Kamenetzky (Ugo Stille) o Jader Jacobelli (conosciuti nella milizia universitaria), Carlo Muscetta (incontrato ai Littoriali). Rete che si dilata progressivamente e diviene nella vita di Pintor uno spazio di discussione, di progetto e consapevolezza. Indipendente anche in politica, nonostante il legame profondo con Lucio Lombardo Radice e, attraverso questi, con il gruppo dei giovani comunisti romani, non diventerà mai comunista. La scelta della Resistenza, in questo contesto non era scontata; trovava però un senso nel bisogno, vissuto non senza contrasti, di contribuire ad accelerare la caduta di un sistema politico costrittivo, chiudere la guerra e finalmente dedicarsi completamente alla realizzazione dei suoi progetti culturali, già da tempo discussi con Giulio Einaudi e Cesare Pavese.

Giovanni Montroni