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Maria Eleonora Guasconi – L’altra faccia della medaglia. Guerra psicologica e diplomazia sindacale nelle relazioni Italia-Stati Uniti durante la prima fase della guerra fredda (1947-1955) – 1999

Maria Eleonora Guasconi
Rubbettino, Soveria Mannelli

Anno di pubblicazione: 1999

In copertina, la foto dell’incontro a Washington, nel 1955, fra il presidente Usa Eisenhower e il presidente del Consiglio italiano Scelba, con in mezzo l’ambasciatrice Claire Booth Luce, riassume la cornice di storia diplomatica nella quale il lavoro di Guasconi si inserisce. Ma è una cornice alla quale il libro sovrappone l’altra faccia della medaglia adombrata nel titolo: ovvero l’intrico di rapporti asimmetrici, ufficiali e non, che si instaurarono fra le due sponde rispetto ai “nodi centrali della ricostruzione economica e sociale italiana”; una complessa trama distesa fra una miriade di attori politici, sindacali e imprenditoriali, che sembrano eludere ogni tentativo di trovare un bandolo della matassa. L’a. ci prova, muovendosi con disinvoltura entro l’ampia letteratura sulla cosiddetta “americanizzazione” e aggiungendovi un imponente e prezioso corredo di documentazione inedita raccolta fra Italia e Usa.
Ne emerge la comune matrice – di lotta al comunismo, sostegno a “un regime che aveva cominciato a vacillare” e controversa (e frustrante) promozione del modello socioeconomico Usa – sottesa a tre dimensioni dell’intervento statunitense finora esaminate separatamente quali la “guerra psicologica” (propaganda e infiltrazione anticomunista), le dinamiche sindacali e la “politica della produttività”. Guasconi illustra accuratamente continuità e trasformazioni delle strategie di diplomazia economica e sociale Usa a cavallo fra Truman e Eisenhower. Conclude con un bilancio di “luci e ombre” del processo di “americanizzazione”: le “luci” essendo la sprovincializzazione della cultura manageriale e anche in parte sindacale italiana e le “ombre” il mancato sviluppo di un sistema di relazioni industriali “moderno”.
Vien fatto di chiedersi, però, se altre “ombre” non vadano cercate attraverso ulteriori indagini sul rapporto fra propaganda del “mondo libero” e dibattito pubblico italiano dell’epoca. Un rapporto, questo, che l’a. dà l’impressione di leggere in maniera non sempre sorvegliata, come quando definisce l’azione di Edgardo Sogno “un interessante esperimento di guerra psicologica” (p. 153), senza chiarire per chi e per cosa l’esperimento fosse “interessante”.

Ferdinando Fasce