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Mariamargherita Scotti – Da sinistra. Intellettuali, Partito socialista italiano e organizzazione della cultura (1953-1960) – 2011

Mariamargherita Scotti
Roma, Ediesse, 448 pp., Euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2011

In un passaggio della sua autobiografia (Il cavallo e la torre. Riflessioni di una vita, Torino, Einaudi, 1991, p. 196) Vittorio Foa ricordò di aver garbatamente polemizzato con Paul Ginsborg per l’assenza, nella fortunata Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi (Torino, Einaudi, 1989), di qualsiasi riferimento ai socialisti, alla loro presenza e alla loro cultura. Ma l’«omissione» di Ginsborg (e di altri…) testimonia in realtà una questione più profonda, e cioè la minorità di tutte le culture politiche che, in Italia, si sono richiamate al socialismo, dal riformismo al massimalismo, dal socialismo liberale al socialismo di sinistra. A quest’ultimo, in particolare, è dedicato l’ampio e documentato studio di Scotti. Il suo libro è quindi la storia di alcuni dei protagonisti della vita culturale del secondo dopoguerra (Alberto Asor Rosa, Gianni Bosio, Alberto Caracciolo, Vittorio Foa, Franco Fortini, Armanda e Roberto Guiducci, Franco Momigliano, Danilo Montaldi, Raniero Panzieri, Alessandro Pizzorno, Lilli Salvaco, Gianni Scalia), delle loro riviste («Movimento operaio», «Ragionamenti», «Opinione», «Mondoperaio» e il suo «Supplemento scientifico-letterario», «Passato e presente»), di accesi dibattiti e di cocenti sconfitte, personali e politiche. Il lavoro, condotto soprattutto su fonti di prima mano, segue una periodizzazione tripartita (1953-1955; 1955-1957; 1957-1960, con particolare enfasi, com’è ovvio, sul ’56) che corrisponde all’analisi di tre temi (l’autonomia; l’organizzazione; il neocapitalismo) al centro della discussione di queste reti di intellettuali che, semplificando, si potrebbero definire «marxisti critici» (e cioè «antistalinisti, ma non anticomunisti né di terza forza» [p. 11]: e proprio questo loro ritrovarsi su un’autodefinizione in larga parte «per negativo» sarà uno dei motivi della debolezza della loro proposta politica). La narrazione inizia con il licenziamento di Bosio dalla direzione di «Movimento operaio», passa attraverso la faticosa ricerca di una politica culturale autonoma rispetto alle direttive di partito (e quindi delle forme della sua organizzazione) e si conclude con la nascita e lo sviluppo del neocapitalismo all’italiana. Il passaggio di Panzieri dalla vita politica attiva alla breve stagione conclusiva della sua vita come consulente editoriale presso Einaudi, da Roma a Torino, dove avrebbe dato vita ai «Quaderni rossi», segna anche simbolicamente la fine della ricerca e di un periodo storico (anche se ne vengono sottolineati gli aspetti di continuità, in special modo in Panzieri), mentre ci si avviava alla formazione dei primi governi di centrosinistra e alla contestazione giovanile e sindacale. Esperienze marginali, quindi (politicamente, forse, ma non culturalmente), sulle quali, però, a buon diritto, l’a. fa proprie le parole di Franco Fortini: se la verifica dei limiti di un’attività intellettuale si misura, a differenza che nella politica, non nel domani, ma nell’altro da sé (o nel dopodomani della profezia), resta ancora il dubbio se i protagonisti di questa vicenda, certamente eretici, siano stati buoni o cattivi profeti.

Giovanni Scirocco