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Marina Caffiero, Micaela Procaccia (a cura di) – Vero e falso. L’uso politico della storia – 2008

Marina Caffiero, Micaela Procaccia (a cura di)
Roma, Donzelli, XII-226 pp., euro 15,50

Anno di pubblicazione: 2008

Il volume raccoglie gli atti di un seminario dal titolo «Apologia della storia o storia apologetica? Il mestiere dello storico, il metodo dell’archivista e il sensazionalismo dei media» (Biblioteca nazionale centrale di Roma, 20 aprile 2007). Il tema era stato suggerito dalle polemiche suscitate dalla pubblicazione del libro di Ariel Toaff, Pasque di sangue. Ebrei d’Europa e omicidi rituali (Bologna, il Mulino, 2007). Archivisti e storici riflettono sulle basi epistemologiche del loro mestiere, sui confini della libertà di ricerca e sul pericolo delle distorsioni causate dalla ripresa mediatica di alcuni studi, come sottolineano i saggi introduttivi (Marina Caffiero e Maria Grazia Pastura). La domanda di fondo riguarda la capacità dello storico di produrre narrazioni vere, ovvero che siano documentabili e il cui percorso di ricostruzione segua regole precise, serie e condivise. Caffiero (pp. 3-26) mette in evidenza l’insorgere di una pericolosa confusione di ruoli fra storici e giornalisti, che ingenera una difficoltà nel distinguere fra «storia, romanzo e finzione», «scardina nelle nuove generazioni il senso della storia come scienza e rende il confine tra il vero e il verisimile, e perfino il falso, invisibile o insignificante» (p. 6). Queste sovrapposizioni hanno effetti particolarmente gravi quando toccano temi che sono diventati terreno di scontro politico e identitario, quali la storia della Resistenza, della Shoah, dell’antisemitismo.Nella sezione Testi e contesti (pp. 43-135), che ospita saggi di Corrado Vivanti, Diego Quaglioni, Andrea Del Col, Cesare G. De Michelis e Micaela Procaccia, questi problemi vengono affrontati attraverso la presentazione di specifici casi di studio, atti a dimostrare come bisogna avvicinarsi all’interpretazione di alcune tipologie di fonti. L’intervento di Quaglioni sulle carte processuali (pp. 63-82) richiama direttamente i dibattiti suscitati dal libro di Toaff.La sezione Falsi miti (pp. 139-206) è dedicata alle delicate questioni metodologiche che emergono nelle ricerche sulla produzione e diffusione di miti, concetti, luoghi comuni, stereotipi, e sul loro uso e abuso nel discorso politico, giornalistico e televisivo (David Bidussa, Alessandro Portelli, Carlo Spartaco Capogreco ed Emilio Gentile). In particolare Bidussa si sofferma, a partire dal caso Toaff e richiamandosi alle ricerche di Furio Jesi, sul funzionamento della macchina mitologica e sul rischio di rimanerne vittime qualora se ne affronti lo studio senza la necessaria consapevolezza (pp. 139-172).Le conclusioni di Daniele Menozzi richiamano gli storici ad una riflessione sulla minaccia rappresentata dallo «oscuramento delle regole che hanno costituito la scienza storica» (p. 211) e denunciano «una compartecipazione degli studiosi di storia ? o almeno una loro incapacità di sottrarsi ? al sensazionalismo con cui i media tendono a presentare le questioni concernenti le vicende del passato» (p. 213). Si tratta di considerazioni quanto mai attuali e vitali, sulle quali questo volume offre un primo spunto di discussione.

Carlotta Ferrara degli Uberti