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Marina Roggero – L’alfabeto conquistato. Apprendere e insegnare nell’Italia tra Sette e Ottocento – 1999

Marina Roggero
il Mulino, Bologna

Anno di pubblicazione: 1999

L’a. insegna Storia degli antichi Stati all’Università di Torino. Alla storia dell’educazione in antico regime ha dedicato una lunga serie di studi. Da La scuola in Italia dalla Controriforma al secolo dei lumi, in collaborazione con Donatella Balani (1976), al più recente Insegnar lettere. Ricerche di storia dell’istruzione in età moderna (1992).
Il volume di cui qui diamo conto è dedicato a forme e pratiche dell’alfabetizzazione in Italia nella crisi di antico regime. È diviso in tre sezioni (più un breve epilogo intitolato Offerta e domanda d’istruzione). Ai Saperi elementari in antico regime, segue la parte intitolata alla Nuova didattica che sposta l’attenzione del lettore dalle pratiche tradizionali ai tentativi di modernizzazione che vedono l’intervento dello Stato come agente pedagogico primario; dalle riforme teresiane alle politiche napoleoniche. Nuovi metodi, nuovi libri, nuovi insegnanti. Inevitabilmente, questo è lo spazio del conflitto, delle resistenze, oltre che delle incertezze della stessa classe dirigente, divisa tra aspirazioni modernizzatrici e paure sociali. Alla selezione e professionalizzazione del corpo insegnante è dedicata la terza parte, Maestri e maestre.
Il libro si avvale della lunga esperienza di ricerca dell’a., evidente nell’ampia disponibilità di citazioni archivistiche provenienti da un scandaglio esteso dei fondi documentari della penisola. Così come molto forte è la sua sensibilità bibliografica che offre al lettore un ampio quadro della storiografia educativa più recente, con una netta prevalenza, mi pare, degli studi francesi.
Meno convincente a mio avviso è lo schema interpretativo adottato. In particolare la costruzione dell’argomentazione intorno al tema dello Stato rischia di essere una forzatura. In realtà, come la stessa a. documenta, lo scenario è più complesso e, accanto ai tentativi di normalizzazione provenienti dall’alto, coinvolge uomini, comunità, bisogni diversi. Ridurre tutto questo allo schema conflittuale di disciplinamento e resistenza è troppo semplicistico. Piuttosto, mi sembra che la pluralità dei soggetti coinvolti prefiguri uno spazio di negoziazione al cui interno prendono forma tanto l’intervento pubblico quanto le pratiche dei singoli e delle comunità. Allo stesso modo l’insistenza sul carattere frammentario e disordinato delle pratiche educative di antico regime rende difficile comprendere ad esempio le origini culturali di un modernizzatore come Francesco Soave e misconosce gli elementi di formalizzazione delle pratiche insegnanti propri del magistero ecclesiastico.

Adolfo Scotto di Luzio