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Marisa Rodano – Memorie di una che c’era. Una storia dell’Udi – 2010

Marisa Rodano
Milano, Il Saggiatore, 294 pp., Euro 19,00

Anno di pubblicazione: 2010

L’a. propone una storia dell’Udi, di cui è stata tra le fondatrici e presidente dal ’56 al ’60, sulla base di ricordi e appunti di lavoro. L’arco temporale va dal 1944 al 2003, ma le pagine più dense si riferiscono al primo trentennio. Percorre e motiva l’opera la tesi che nel movimento di lotta delle donne italiane vi sia stata una seppur sotterranea continuità e convergenza, e che la lotta per la libertà femminile non sia esplosa ex novo alla fine degli anni ’60, ma abbia percorso l’intera storia repubblicana. A dimostrazione di ciò Rodano ci offre una ricostruzione della vicenda dell’Udi che tiene conto non solo dei rapporti con i Partiti comunista e socialista, e con i gruppi femminili cattolici, ma anche delle relazioni col movimento femminile internazionale, in particolare con la Federazione internazionale delle donne democratiche (socialiste e comuniste), e col neo-femminismo. L’Udi ha assicurato la continuità del movimento di lotta, conservando l’emancipazione come filo rosso della propria azione, anche se non sempre l’ha posta al centro del suo intervento. Ottenuto il voto e caduto il progetto di rappresentare tutte le italiane che si riconoscevano nei valori della Resistenza e nell’impegno a rimuovere le discriminazioni e le disparità, nell’immediato dopoguerra i pressanti problemi materiali del paese impegnavano l’associazione e ponevano in secondo piano il discorso emancipazionista.Negli anni della guerra fredda prevaleva la concezione dell’Udi come organizzazione femminile di massa del Pci, non luogo d’elaborazione politica autonoma ma braccio esecutivo delle politiche del Partito tra le donne. Una linea che trovava giustificazione nel bisogno dell’associazione di non trovarsi isolata e indifesa. Libertà e uguaglianza femminile quasi sparivano dal discorso politico, benché nell’Europa del trentennio glorioso crescessero istruzione e occupazione femminile. L’impegno dell’Udi si muoveva tra importanti battaglie internazionali, la pace tra tutte, secondo linee decise dal Pci e coerenti con gli interessi dell’Unione Sovietica, e le lotte quotidiane per l’assistenza alle madri, la scuola, l’edilizia popolare. Ma, dalla primavera-estate del 1956, la Federazione internazionale delle donne democratiche tornava a parlare delle disparità e discriminazioni che ancora colpivano le donne. I movimenti femminili si riappropriavano dei temi della parità e dell’autonomia, e ben prima dei partiti ponevano sul tappeto non solo la questione dei diritti sociali, dal lavoro al welfare, ma anche quella più ostica dei diritti civili, ottenendo anche in Italia notevoli successi su entrambi i fronti. Tanto che, almeno per il ventennio 1965-1985, risulta convincente l’altra tesi che percorre il volume: che «sia stata maggiore l’influenza delle dirigenti dell’Udi sull’elaborazione del Pci in merito alla questione femminile, che non quella dei comunisti sulla politica e sulle scelte dell’Udi» (p. 210)Il lavoro di Rodano si colloca sul crinale sottile tra autobiografia e storia, offrendoci una ricostruzione densa di fatti e d’idee, e ricordandoci quanto ancora le sintesi storiche trascurino il ruolo dei movimenti femminili nell’Italia repubblicana.

Laura Savelli