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Marjan Schwegman – Maria Montessori – 1999

Marjan Schwegman
il Mulino, Bologna

Anno di pubblicazione: 1999

Sono scarse le biografie di rilievo dedicate a Maria Montessori, e il suo archivio personale conservato ad Amsterdam a quasi cinquant’anni dalla morte risulta ancora inaccessibile. Difficile perciò il reperimento di fonti di prima mano e l’assunzione di una chiave di lettura della sua vita capace di andar oltre il mito montessoriano, costruito intorno ad un personaggio pubblico solare e “predestinato”, la narrazione del quale ci è giunta mediata dalle voci non sempre concordi dei suoi epigoni.
Marjan Schwegman, studiosa di storia della cultura e storia delle donne, punta invece sull’intreccio fra luci e ombre come parti costitutive della sua biografia, sugli aspetti meno noti delle sue esperienze private che pure si rivelano sostanziali nella maturazione del suo pensiero, a conferma, una volta di più, della fecondità di un metodo che collega vicende autobiografiche e scoperte scientifiche. Ripercorre la vita della pedagogista in fluidi, e perciò godibili capitoli: a partire dalla formazione scientifica positivista, con la sua richiesta di indifferenza alle emozioni, e dalla volontà di un’emancipazione femminile capace di reggere i traumi dell’iniziazione medica nella sala di dissezione. Ma anche dal “pieno” delle emozioni: il legame sentimentale e la collaborazione professionale con lo psichiatra Montesano, con il quale nasce l’ipotesi di un collegamento fra medicina e pedagogia, la rottura del rapporto, forse a causa di un “figlio segreto”. Per la Schwegman da lì scaturirebbe la tortuosità creativa di questo cammino femminile straordinario: la rinuncia ad allevare il bambino da un lato sancirà la sua accettazione dell’ipocrisia sociale, dall’altro nutrirà le sue intuizioni pedagogiche e la veemente denuncia della diseguaglianza sessuale. Non solo: da queste esperienze dolorose si svilupperebbe la sua complessa e sincretistica spiritualità (tratto caratterizzante, si deve però ricordare, di molto emancipazionismo femminile primonovecentesco), con la fondamentale iniziazione alla teosofia, i suoi “anni cattolici”, la ricerca di una sintesi tra Oriente e Occidente.
La storia del metodo montessoriano comporta infine la decifrazione dell’ambiguo rapporto che la pedagogista ebbe con Mussolini. Uno sguardo “di genere” permette all’a. di muoversi su diversi piani, da quello psicologico della frizione fra due forti personalità a quello politico-culturale della problematica “italianità” della Montessori. L’oscillazione tra cosmopolitismo e italianità, del resto, come dimostrano già molte vicende primonovecentesche (esemplare quella dei coniugi Franchetti, citati quasi di sfuggita nel libro) resta tuttora un nodo storiografico, e non soltanto per le biografie femminili.

Roberta Fossati