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Marta Verginella – Il confine degli altri. La questione giuliana e la memoria slovena – 2008

Marta Verginella
Roma, Donzelli, 128 pp., euro 14,00

Anno di pubblicazione: 2008

Con quest’agile libretto Marta Verginella, storica slovena dell’Università di Lubiana, originaria di Trieste, offre al pubblico italiano uno squarcio storico della realtà della minoranza slovena insediata nei territori passati all’Italia con il trattato di Rapallo (1920), ricostruendo una molteplicità di percorsi biografici individuali e collettivi fino ai primi anni del tormentato secondo dopoguerra. Il volume si colloca nell’ambito del ripensamento sulla storia degli «sloveni del Litorale» successivo al crollo della Jugoslavia e al conseguimento dell’indipendenza statuale da parte della Repubblica slovena. In seguito alla trasformazione della Slovenia in Stato nazionale indipendente, si è assistito ad una (tutt’altro che sorprendente) messa in discussione dell’interpretazione socialista ortodossa della storia slovena, con il contributo decisivo di storici che hanno affrontato diversi nodi problematici del passato del nuovo Stato, tra cui la sanguinosa guerra civile non solo tra partigiani e collaborazionisti delle forze di occupazione, ma pure tra aderenti del movimento di liberazione titoista e partigiani legati al governo jugoslavo in esilio, collegati ai servizi di intelligence britannici.Il lavoro di Marta Verginella applica prevalentemente un approccio di tipo prosopografico, attingendo alla numerosa memorialistica slovena e a fonti di carattere romanzesco. Sebbene l’uso di tali fonti presenti problemi di attendibilità non indifferenti, il quadro che ne emerge è di indubbia suggestione. Marta Verginella tratta diversi snodi nella storia della minoranza slovena nella Venezia Giulia, tra cui il processo del Tribunale speciale del 1941 contro sloveni coinvolti in attività di sabotaggio (soprattutto delle linee ferroviarie), la reazione degli sloveni nazionalmente consapevoli alla politica di assimilazione nazionale del fascismo, l’emigrazione in Jugoslavia negli anni tra le due guerre mondiali, il fortissimo rancore anti-italiano diffuso nel milieu nazionale sloveno e, infine, la brutale «resa dei conti» finale tra le vittoriose forze comuniste ed esponenti sloveni di orientamento cattolico o liberale.È un merito non indifferente del volume di Marta Verginella aver fornito un quadro articolato della realtà slovena nei territori dell’ex Litorale asburgico, evitando le semplificazioni agiografiche e affrontando criticamente il problema del carattere composito delle individualità dei singoli, in cui elementi riconducibili all’identità nazionale si amalgamo o confliggono con identità di carattere locale, scelte politiche, vita sociale, «habitus» inteso nell’accezione del termine di Pierre Bourdieu e sono quindi da considerare come realtà fluide e non staticamente predeterminate. È auspicabile che il lavoro di Marta Verginella, accolto con interesse dal pubblico italiano, contribuisca ad una riflessione critica sull’uso assai schematico delle categorie di «vittime» e «carnefici» nel dibattito pubblico e storiografico dell’area giuliana, favorendo il superamento di una dicotomia che si gioca ancora prevalentemente sulla polarizzazione di tipo nazionale.

Marina Cattaruzza